Arti marziali provocano lesioni personali (Cassazione penale, sez. V, dep. 22/12/2022, n.48902).

Arti marziali provocano lesioni personali gravi.

La Corte di Appello di Brescia, in accoglimento del gravame proposto dalla parte civile, in parziale riforma della sentenza assolutoria pronunciata dal Tribunale di Cremona, ha dichiarato gli imputati responsabili, ai soli effetti civili, del reato di lesioni personali gravi.

Con la medesima sentenza il Giudice di secondo grado ha liquidato in favore della parte civile una provvisionale di 20.000,00 Euro; mentre ha confermato la condanna (già disposta in primo grado) nei confronti di uno degli imputati.

Entrambi gli imputati ricorrono in Cassazione.

Con il primo motivo censurano che il Giudice di appello avrebbe “ribaltato” il giudizio di responsabilità sulla base di una diversa valutazione delle prove dichiarative decisive, senza disporre la rinnovazione dell’istruzione, e senza dotare la sentenza di una “motivazione rafforzata”.

Con il secondo motivo deducono un vizio di motivazione nella ritenuta corresponsabilità e che le lesioni in contestazione erano riconducibili alla sola azione di uno dei due imputati. (condannato sin dal primo grado) che colpiva la vittima con manovre di arti marziali, provocandone la caduta contro la ringhiera.

La Corte di Appello, invece, avrebbe ricostruito l’episodio in maniera illogica e contraddetta sia dalla documentazione medica sia dalle testimonianze raccolte.

Le censure sono fondate.

Gli imputati sono stati chiamati perché, in concorso fra loro e con altre persone non identificate, colpendolo con calcio e pugni, cagionavano alla persona offesa gravi lesioni: trauma cranico, frattura delle ossa nasali, lussazione della spalla destra con frattura della glenoide, contusioni al tronco, lesioni dalle quali derivava una malattia per un tempo superiore a 40 giorni.

Il Giudice di primo grado ha accertato che:

– la persona offesa, in stato di ebbrezza alcolica e feritosi a una mano con un bicchiere che lui stesso aveva mandato in frantumi, era stato condotto fuori da un locale ad opera dei c.d. buttafuori;

– all’esterno del locale uno degli imputati aveva colpito la persona offesa, con l’uso di arti marziali,  con un fortissimo calcio sferrato.

Il Tribunale, dopo aver analiticamente valutato tutte le prove raccolte, riteneva che le lesioni in contestazione fossero ascrivibili soltanto all’imputato addestrato alle arti marziali.

La pronuncia assolutoria di primo grado viene riformata, agli effetti civili, dalla Corte di appello che, giudicando inattendibili i testimoni a discarico, ricostruisce il fatto nel senso di attribuire al secondo imputato la partecipazione, quantomeno sotto il profilo psicologico, a un pestaggio che, nella fase iniziale, era stato compiuto dai buttafuori e sul quale, in un secondo momento, si era inserito il primo imputato.

Secondo gli arresti consolidati della giurisprudenza di legittimità, il Giudice di appello che riformi, ai soli fini civili, la sentenza assolutoria di primo grado sulla base di un diverso apprezzamento dell’attendibilità di una prova dichiarativa ritenuta decisiva, è tenuto, anche d’ufficio, a rinnovare l’istruzione dibattimentale anche successivamente all’introduzione dell’art. 603 c.p.p., comma 3-bis, ad opera dalla L. 23 giugno 2017, n. 103 (Sez. U, n. 22065 del 28/01/2021 Cremonini, Rv. 281228 – 02).

Il concetto di “diversa valutazione delle prove dichiarative” è più ampio e non è limitato solo alla questione della attendibilità strettamente considerata.

Il discrimine è costituito, piuttosto, dalla “diversa interpretazione” delle risultanze delle prove dichiarative. Va tenuto conto che un accadimento non sempre presenta una consistenza oggettiva, di natura astratta e asettica, ma è mediato attraverso l’interpretazione che ne dà il dichiarante; di conseguenza la risultanza probatoria risente di tale “mediazione”, che incide sull’approccio valutativo del Giudice, anch’esso, a questo punto, “mediato” (cfr. sul punto Sez. 5, n. 27751 del 24/05/2019, O., Rv. 276987 – 01; conf. Sez. 3, n. 16444 del 04/02/2020, C., Rv. 279425; Sez. 2, n. 13953 del 21/02/2020, Iacopetta, Rv. 279146).

Ebbene, anche questa situazione risponde alla ratio che sorregge l’obbligo di nuova audizione del dichiarante, poiché vengono in rilievo i medesimi valori cui si ispira il principio di rinnovazione dell’istruzione in appello.

Nella specie, la Corte di Appello di Brescia, nel riformare la pronuncia di assoluzione degli odierni ricorrenti adottata dal Tribunale, è pervenuta ad una dichiarazione di responsabilità degli stessi, sia pure ai soli effetti civili, senza procedere alla rinnovazione dell’istruzione in violazione dell’art. 603 dell’art. 603 c.p.p., comma 3-bis; e ciò ha fatto sulla scorta di una diversa valutazione delle prove dichiarative.

Difatti, è stata espressa nella motivazione della sentenza impugnata una valutazione contra reum delle fonti dichiarative; tale diversa valutazione è antitetica a quella resa dal Giudice di primo grado; essa è stata decisiva ai fini dell’affermazione della responsabilità; è stata assunta senza procedere a una rinnovazione dell’esame delle fonti dichiarative.

Ricorre, pertanto, il denunciato vizio.

Avv. Emanuela Foligno

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