La Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti in merito alla circostanza in cui un artista di strada disturba i residenti suonando per molte ore
Se un artista di strada disturba i residenti suonando per molte ore e interrompendo la quiete di chi vive nelle zone limitrofe, questo comportamento può configurarsi come reato?
Per i giudici della Corte di Cassazione, terza sezione penale, che con la sentenza n. 34780/2017 si sono espressi in merito, sì.
Tale condotta, infatti, viola l’art. 659 c.p.; pertanto, se l’artista di strada disturba i residenti suonando oltre l’orario consentito dal regolamento comunale, può incorrere in sanzioni.
Infatti, anche il musicista di strada è tenuto al rispetto della quiete pubblica e della tranquillità privata, e va punito se suona per strada per molte ore e in diversi giorni, con tanto di amplificatore per far udire meglio la propria musica, contravvenendo alle disposizioni del regolamento comunale.
In virtù di questa sentenza, la Cassazione ha quindi dichiarato inammissibile il ricorso di un artista di strada condannato alla pena di 100 euro di ammenda per il reato di cui all’art. 659, comma 2, del codice penale.
Nel caso di specie, l’imputato aveva, per molte ore nel corso della giornata e per più giorni, suonato in strada utilizzando anche un impianto di amplificazione. A seguito di tale condotta, non solo erano state disturbate le occupazioni delle persone, ma erano state violate anche le disposizioni dell’autorità comunale in quanto l’uomo aveva suonato oltre i limiti consentiti per l’arte di strada.
Nel caso in questione, non è servita a nulla l’istanza del musicista che ha censurato la decisione del giudice a quo, il quale – a suo avviso – non avrebbe considerato che la condotta era meramente occasionale e che il rumore prodotto dallo strumento musicale non era di intensità tale da disturbare la collettività.
Contrariamente all’assunto difensivo, infatti, per i giudici se la condotta dell’artista di strada disturba i residenti, tale comportamento deve essere sanzionato.
Il giudice a quo ha quindi correttamente ricostruito la fattispecie, nonché i rapporti tra la norma penale e l’illecito amministrativo, definito dall’art. 10 comma 2 della legge 447/95.
Dunque, avuto riguardo alla norma che punisce “chi esercita una professione o un mestiere rumoroso contro le disposizioni della legge o le prescrizioni dell’autorità”, una piena sovrapponibilità tra le due fattispecie (penale e amministrativa) si avrà soltanto nel caso in cui l’attività rumorosa si sia concretata nel mero superamento dei valori limite di emissione specificamente stabiliti in base ai criteri delineati dalla legge quadro, causato mediante l’esercizio o l’impiego delle sorgenti individuate dalla legge medesima.
Ne resta quindi escluso il superamento di soglie di rumore diversamente individuate o generate da altre fonti, oltre, ovviamente, tutte quelle condotte che si estrinsecano nell’esercizio di attività rumorose svolte in violazione di altre disposizioni di legge o delle prescrizioni dell’autorità.
Per tale ragione, l’illecito amministrativo si configura, quindi, ove si verifichi solo il mero superamento dei limiti differenziali di rumore fissati dalle leggi e dai decreti presidenziali in materia, mentre il reato previsto dal primo comma dell’art. 659 c.p. ove il fatto costituivo dell’illecito sia rappresentato da qualcosa di diverso dal mero superamento dei limiti di rumore, si configura per effetto di un esercizio del mestiere che ecceda le sue normali modalità o ne costituisca un uso smodato.
Per queste ragioni, il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 c.p., viene integrato nel momento in cui la violazione riguardi altre prescrizioni legali o della Autorità, attinenti all’esercizio del mestiere rumoroso, diverse da quelle impositive di limiti di immissioni acustica. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile.
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