Le patologie di artropatia degenerativa delle mani e artropatia degenerativa del rachide lombare con postumi permanenti del 6% configurano il diritto all’indennizzo (Tribunale di Velletri, Sez. Lavoro, Sentenza n. 348/2021 del 03/03/2021 RG n. 5039/2018)

La lavoratrice cita a giudizio dinanzi il Giudice del Lavoro l’Inail onde vedersi riconosciuta la derivazione professionale di due malattie professionali – sub specie di “artropatia degenerativa alle mani” e “artropatia degenerativa del rachide lombare”, sviluppate in conseguenza dell’attività lavorativa svolta come addetta al magazzino dal 1974 al 1995, poi aiuto cuoca dal 1995 al 2007 e cuoca dal 2007 al 2017.

Deduce, in particolare, la lavoratrice che tali patologie costituiscono un complessivo danno biologico nella misura del 24%.

L’Inail, costituitasi in giudizio, contesta le domande della lavoratrice chiedendone il rigetto.

La causa viene istruita con l’acquisizione dei documenti, prove testimoniali e CTU Medico-Legale, al cui esito il ricorso viene ritenuto parzialmente fondato.

Il Tribunale dà atto che dalla fase testimoniale è emersa la conferma delle deduzioni della lavoratrice in punto di mansioni svolte e di periodi di lavoro (in particolare, mansioni di aiuto cuoca in una mensa aziendale, dal 1995 al 2007, che comportavano il sollevamento di pesi di circa 10 kg, e mansioni di cuoca dal 2007 al 2017).

Ciò posto, in punto di diritto viene ribadito che, l’art. 74, co. 1 -2, del D.P.R. n. n. 1124/1965 stabilisce che “deve ritenersi inabilità permanente assoluta la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale, la quale tolga completamente e per tutta la vita l’attitudine al lavoro. Deve ritenersi inabilità permanente parziale la conseguenza di un infortunio o di una malattia professionale la quale diminuisca in parte, ma essenzialmente e per tutta la vita, l’attitudine al lavoro. Quando sia accertato che dall’infortunio o dalla malattia professionale sia derivata un’inabilità permanente tale da ridurre l’attitudine al lavoro in misura superiore al dieci per cento per i casi di infortunio e al venti per cento per i casi di malattia professionale, è corrisposta, con effetto dal giorno successivo a quello della cessazione dell’inabilità temporanea assoluta, una rendita d’inabilità rapportata al grado dell’inabilità stessa sulla base delle seguenti aliquote della retribuzione calcolata secondo le disposizioni degli artt. d a 116 a 120 : 1) per inabilità di grado dall’undici per cento al sessanta per cento, aliquota crescente col grado della inabilità, come dalla tabella allegato n. 6, dal cinquanta per cento al sessanta per cento; 2) per inabilità di grado dal sessantuno per cento al settantanove per cento, aliquota pari al grado di inabilità; 3) per inabilità dall’ottanta per cento al cento per cento, aliquota pari al cento per cento “.

Ed ancora, l’art. 83, co. 1/3 del T.U. n. 1124/1965 dispone che “La misura della rendita di inabilità può essere riveduta, su domanda del titolare della rendita o per disposizione dell’Istituto assicuratore, in caso di diminuzione o di aumento dell’attitudine a l lavoro ed in genere in seguito a modificazione delle condizioni fisiche del titolare della rendita, purché, quando si tratti di peggioramento, questo sia derivato dall’infortunio che ha dato luogo alla liquidazione della rendita. La rendita può anche ess ere soppressa nel caso di recupero dell’attitudine al lavoro nei limiti del minimo indennizzabile. La domanda di revisione deve essere presentata all’Istituto assicuratore e deve essere corredata da un certificato medico dal quale risulti che si è verificato un aggravamento nelle conseguenze dell’infortunio e risulti anche la nuova misura di riduzione dell’attitudine al lavoro. L’Istituto assicuratore, entro novanta giorni dalla ricezione della domanda, deve pronunciarsi in ordine alla domanda medesima” e l’art. 84 del D.P.R. cit. precisa che ” Qualora in seguito a revisione la misura della rendita sia modificata, la variazione ha effetto dalla prima rata con scadenza successiva a quella relativa al periodo di tempo nel quale è stata richiesta la revisione “;

L’art. 13 del D. Lgs. n. 38/2000 prevede che “1. […] il presente articolo definisce, in via sperimentale, ai fini della tutela dell’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali il danno biologico come la lesione all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona. Le prestazioni per il ristoro del danno biologico sono determinate in misura indipendente dalla capacità di produzione del reddito del danneggiato. 2. In caso di danno biologico, i danni conseguenti ad infortuni sul lavoro verificatisi, nonché a malattie professionali denunciate a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto ministeriale di cui al comma 3, l’R****A nell’ambito del sistema d’indennizzo e sostegno sociale, in luogo della prestazione di cui all’ articolo 66, primo comma, numero 2), del testo unico , eroga l’indennizzo previsto e regolato dalle seguenti disposizioni: a) le menomazioni conseguenti alle lesioni dell’integrità psicofisica di cui al comma 1 sono valutate in base a specifica “tabella delle menomazioni”, comprensiva degli aspetti dinamico -relazionali. L’indennizzo delle menomazioni di grado pari o superiore al 6 per cento ed inferiore al 16 per cento è erogato in capitale, dal 16 per cento è erogato in rendita, nella misura indicata nell’apposita “tabella indennizzo danno biologico”. Per l’applicazione di tale tabella si fa riferimento all’età dell ‘assicurato al momento della guarigione clinica. Non si applica il disposto dell’ articolo 91 del testo unico ; b) le menomazioni di grado pari o superiore al 16 pe r cento danno diritto all’erogazione di un’ulteriore quota di rendita per l’indennizzo delle conseguenze delle stesse, commisurata al grado della menomazione, alla retribuzione dell’assicurato e al coefficiente di cui all’apposita “tabella dei coefficienti “, che costituiscono indici di determinazione della percentuale di retribuzione da prendere in riferimento per l’indennizzo delle conseguenze patrimoniali, in relazione alla categoria di attività lavorativa di appartenenza dell’assicurato e alla ricollocabilità dello stesso. Per la determinazione della corrispondente quota di rendita, la retribuzione, determinata con le modalità e i criteri previsti dal testo unico , viene moltiplicata per il coefficiente di cui alla “tabella dei coefficienti” e per il grado percentuale di menomazione. […]. 7. La misura della rendita può essere riveduta, nei modi e nei termini di cui agli articoli 83 , 137 e 146 del testo unico . La rendita può anche essere soppressa nel caso di recupero dell’integrità psicofisica nei limiti del minimo indennizzabile in rendita. In tale caso, qualora il grado di menomazione accertato sia compreso nel limite indennizzabile in capitale, viene corrisposto l’indennizzo in capitale calcolato con riferimento all’età dell’assicurato al momento della soppressione della rendita. […] 11. Per quanto non previsto dalle presenti disposizioni, si applica la normativa del testo unico , in quanto compatibile “.

Ebbene, la CTU Medico-Legale ha accertato che per effetto delle due patologie lamentate dalla lavoratrice di artropatia degenerativa alle mani e artropatia degenerativa del rachide lombare, la stessa ha maturato un danno biologico corrispondente al 6%.

La decorrenza del danno va fatta risalire alla data di presentazione della domanda amministrativa.

Il Giudice, condivide e fa proprie le conclusioni rese dal Consulente Medico-Legale.

Per tale ragione, viene riconosciuto in capo alla lavoratrice – ai fini di cui all’art. 13 del D. Lgs. n. 38/2000, per effetto delle malattie professionali accertate-, un danno biologico complessivamente pari al 6%, con decorrenza dalla domanda amministrativa.

Le spese di lite, in considerazione della parziale e reciproca soccombenza, vengono integralmente compensate tra le parti, mentre le spese di CTU vengono poste a carico dell’Istituto convenuto.

In conclusione, il Tribunale di Velletri, in funzione di Giudice del Lavoro, accertata l’esistenza di due malattie di origine lavorativa (artropatia degenerativa alle mani e artropatia degenerativa del rachide lombare) in capo alla lavoratrice ricorrente e accertata l’esistenza di un danno biologico stimato nella misura del 6%, condanna l’Inail al pagamento, in favore della parte ricorrente, del l’indennizzo e/o della rendita con decorrenza dalla domanda amministrativa; – compensa integralmente le spese di lite tra le parti; condanna la parte convenuta al pagamento delle spese di C.T.U.

Avv. Emanuela Foligno

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