Analizziamo delle perizie (solo due) che si allegano e che fanno parte di un processo civile che vede 11 attori che lamentano una malattia da asbesto professionale e che hanno ricorso alla Sezione Lavoro del proprio Tribunale di competenza per ottenere un adeguato risarcimento.

Per fare numeri precisi, il CTU ne ha riconosciute solo tre, ne ha disconosciute in assoluto altrettante per assenza di malattia polmonare, mentre nelle rimanenti cinque ha riconosciuto la broncopatia come SI tecnopatia ma non come conseguenza all’esposizione 30nnale all’amianto dimostrata in giudizio.

Perché si è scelto di parlare di questo argomento. Soprattutto per due motivi:

  • Caratteristica dei quesiti proposti dal Giudice;
  • Apparente utilizzo di Causalità Efficiente in maniera non idonea.

Se aprite le due perizie allegate notate i quesiti del giudice. Se da un lato guidano meglio il giudizio del CTU dall’altro lo “spogliano” del suo bagaglio culturale in quanto molte delle specifiche del magistrato sono in quel bagaglio e poi perché ad un certo punto il quesito diventa “bizzarro”. A parere di chi scrive sembra che il giudice si voglia far fare la sentenza dal suo ausiliario medico legale domandando lui anche di valutare in termini economici l’equivalente della rendita. Si riporta di seguito uno stralcio di quesito e con esso si lascia a voi ogni considerazione: “…indichi inoltre il CTU la misura percentuale della riduzione della capacità lavorativa generica, con riferimento alle tabelle di legge ex art. 13 del decreto legislativo n. 38 del 2000, contenute nel DM pubblicato nella GU n. 172 del 2000 e quantifichi l’eventuale indennizzo INAIL ovvero l’eventuale rendita spettante, tenendo conto che l’indennizzo Inail per gradi di menomazione permanenti pari o superiori al 16%, è costituito da un indennizzo composto da due quote distinte ed a tal fine individui la quota per danno biologico, che è pari al valore del punto rilevata dalla «tabella indennizzo danno biologico – indennizzo in rendita» e la quota per danno patrimoniale, che si presume sussista a partire da tale percentuale, nonché tenendo conto, sempre ai fini della eventuale attualizzazione della rendita, che ai sensi del D.M. 27 marzo 2009 è previsto l’aumento in via straordinaria, dal 1° gennaio 2008, delle indennità Inail per danno biologico dell’ 8,68%; riferisca altresì su ogni altro elemento ritenuto utile ai fini del decidere”.

A riguardo del secondo punto bisogna fare delle premesse.

Oltre a tutto quello che correttamente ha precisato il CTU sulle cause della malattia e i criteri medico legali dell’accertamento bisogna fare delle precisazioni:

  1. Criteri fondamentali soddisfatti nei casi in questione:
  • Anamnesi lavorativa attendibile riguardo alla pregressa esposizione all’asbesto;
  • Adeguato periodo di latenza dall’inizio dell’esposizione;
  1. Criteri fondamentali non accertati nei casi in questione:
  • Oltre 1 corpuscolo dell’asbesto/ml di BAL in microscopia ottica;
  • Almeno 2 corpuscoli dell’asbesto in una sezione di tessuto polmonare di 1 cm2.
  1. Attualmente sono praticamente disponibili solo più radiogrammi eseguiti con tecnica digitale, mentre il set ILO-BIT non comprende questi radiogrammi;
  2. Circa la metà dei radiogrammi risulta qualitativamente insufficiente per una efficace lettura secondo le linee guida ILO 1980;
  3. I Test di funzionalità respiratoria NON sono in grado di per sé di condurre ad una diagnosi di asbestosi;
  4. I Test di funzionalità respiratoria inoltre presentano aspetti particolari di criticità interpretativa, legati alle peculiari modalità tecniche di esecuzione (esperienza del personale tecnico, collaborazione del paziente, standardizzazione delle procedure);
  5. L’assunto che l’asbesto contribuisca alla BPCO clinicamente significativa non è sostenibile.
  6. La deposizione delle fibre dell’asbesto sulle pareti bronchiolari potrebbe indurre flogosi, iperplasia dei muscoli lisci e successiva fibrosi, in grado di estendersi ai dotti alveolari. Che queste alterazioni siano da considerare parte del più ampio processo dell’asbestosi o siano invece una patologia delle piccole vie aeree indotta dall’asbesto è tutt’ora indefinito.

Tenuto conto delle suddette premesse, che vengono estratte da testi scientifici che fanno riferimento ai criteri della American Thoracic Society 1986,  Criteri di Helsinki e le linee guida internazionali ILO1980, e analizziamo le due perizie allegate ci viene subito da evidenziare come la diagnostica radiologica tra i due casi fa la differenza in termini decisionali del CTU malgrado ci sia un solo fatto certo comune a tutte e due i casi:

  • Anamnesi lavorativa attendibile riguardo alla pregressa esposizione all’asbesto;
  • Adeguato periodo di latenza dall’inizio dell’esposizione.

Questo criterio ha una idoneità lesiva potenziale che supera la diagnosi radiologica specifica che comunque non equivale a certezza che invece hanno i criteri NON accertati nei due casi

  • Oltre 1 corpuscolo dell’asbesto/ml di BAL in microscopia ottica;
  • Almeno 2 corpuscoli dell’asbesto in una sezione di tessuto polmonare di 1 cm2.

Inoltre il paziente che non ha deficit funzionali respiratori, ma solo danni anatomici accertati radiologicamente (che non sono patognomonici di asbestosi) e non biologicamente (biopsia polmonare), ha visto riconoscersi la malattia da esposizione, mentre il secondo paziente in cui sono stati riscontrati deficit ventilatori restrittivi ma non danni anatomici radiologicamente dimostrati (dati comunque non di certezza in quanto dipendono soprattutto dalla esperienza del radiologo e dalla collaborazione del paziente) si è visto riconosciuta una BPCO da tecnopatia che comunque NON è riconducibile all’asbestosi secondo un criterio di causalità qualificata.

Questa discrepanza sulla riconducibilità causale sembra da un lato deviata dalla preesistenza di tabagismo che però è identica in entità in ambedue i pazienti (15 sigarette al dì) e dunque di scarsa efficienza causale, dall’altro dall’impossibilità di valutare l’efficienza causale dell’esposizione alle fibre di amianto in soggetto che radiologicamente non mostra alcun segno di interstiziopatia (da precisare come l’esame TC non abbia la specifica di essere ad alta risoluzione).

In poche parole il collega, vista la multifattorialità della eziogenesi della BPCO, ha ritenuto efficienti cause non meglio specificate a dispetto di una certa e duratura (30 anni) esposizione continua alle polveri di amianto.

Sembra tale conclusione non sostenibile medicolegalmente in quanto mancano due esami che avrebbero fatto la differenza: esame microscopico ottico e biopsia polmonare.

In assenza di tali accertamenti il peso causale etiologico non può che essere sostenuto presuntivamente dalla lunghissima esposizione all’amianto che rappresenta l’agente lesivo primario da cui verosimilmente sia derivata la BPCO (sono soddisfatti i criteri topografici, cronologici e di idoneità lesiva del nesso causale del quale manca la certezza dell’agente patogeno in quanto non è stata effettuata una biopsia polmonare).

Per le altre cause etiologiche non può essere sostenuta un’efficienza causale poiché indimostrabile con gli accertamenti a cui sono stati sottoposti i periziandi in questione, né il tabagismo di cui sono affetti entrambi i periziandi possono assumere tale qualifica.

Su tale efficienza causale si attendono con piacere eventuali pareri avversi di esperti medicolegali e del lavoro, nonché di pneumologi.

Dr. Carmelo Galipò

LEGGI LA PERIZIA COMPLETA: CTU FN

LEGGI LA PERIZIA COMPLETA: CTU FA

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2 Commenti

  1. Caso FN. Mi pare che l’esposizione ad amianto sia data per scontata, anche se mancano dati in proposito e il CTU non ne parla. Il signore ha una bronchite cronica fumo-correlata (stadio GOLD 0, senza ostruzione bronchiale). Questo rende ovviamente impossibile valutare il possibile ruolo di altri inquinanti, la cui concentrazione, per quanto elevata, non raggiunge mai quello del fumo inalato direttamente dalla sigaretta. Bene fa, mi pare, il CTU a riconoscere un possibile ruolo concausale delle polveri in generale e ad escludere un ruolo specifico dell’asbesto.
    I dati funzionali respiratori non sono presentati, ma, prendendo per buoni i referti, una lieve restrizione insorta fra il 2004 (quando era normale) e oggi appare correlata al grado di obesità (nello stesso periodo passa da 90 a 103 Kg). Per certo non c’entra con la bronchite cronica (che semmai darebbe un quadro ostruttivo), la TC esclude che sia causata da una asbestosi, né -al contrario dell’obesità- è di entità tale da giustificare la dispnea da sforzo. Curioso il reperto di “rumori secchi” teleinspiratori (peraltro non confermato). Sibili alla fine dell’inspirazione sono difficilmente spiegabili.

  2. caso FA
    Difficile sapere cosa intenda il radiologo per “iniziale interstiziopatia” ecc: bisognerebbe vedere le immagini. Per certo non è un referto indicativo di broncopatia cronica ostruttiva: questo signore ha una interstiziopatia polmonare.
    Peraltro, il quadro funzionale respiratorio normale non è in sintonia con la dispnea da sforzo: qualcosa non torna.
    Credo che sarebbe stata indicata un’emogasanalisi e un test del cammino per valutare la saturazione di ossigeno sotto sforzo. Varrebbe anche la pena far vedere la TC a un radiologo con maggiore esperienza di interstiziopatie polmonari, in grado di dare un parere meno generico sulle immagini.
    Quanto al possibile ruolo dell’asbesto, mi pare di capire che non ci siano dati di esposizione tali da documentarla. In caso, si tratterebbe di asbestosi, che richiede una esposizione ad asbesto piuttosto elevata, certamente superiore a quella imputabile alla presenza di strutture di eternit (se non venivano prese a martellate). In tal caso, dovrebbero risultare a carico di quella industria un buon numero di casi di lavoratori con placche pleuriche e mesotelioma, che richiedono livelli di esposizione assai più bassi. Se non ci sono, è assai azzardato ipotizzare che ci fossero in quell’ambiente livelli di asbesto tali da poter causare asbestosi. In assenza di queste informazioni, si sarebbe potuto anche procedere alla ricerca di fibre nel lavaggio alveolare, pur coi suoi limiti.
    Questo ovviamente è un parere pneumologico, non medico-legale 🙂

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