Non può essere revocato l’assegno di divorzio corrisposto all’ex coniuge sol perché il suo patrimonio è aumentato a seguito di una successione ereditaria

La vicenda

Sulla base di un accordo pervenuto nel 1999, due coniugi ottenevano l’emissione di una sentenza di divorzio che prevedeva l’attribuzione all’ex moglie di un assegno mensile di 550 euro.

Successivamente il coniuge obbligato propose ricorso ex art. 9 della legge n. 898/1970 chiedendo al Tribunale di Padova la revoca della assegno per sopravvenuto incremento del patrimonio e del reddito della ex moglie, conseguente alla successione ereditaria paterna e al beneficio derivante dall’assistenza alla madre con ella convivente. Il Tribunale di Padova accolse parzialmente il ricorso riducendo l’assegno a 350 euro.

Il primo ricorso per Cassazione

Contro tale decisione l’uomo propose appello che, tuttavia, fu dichiarato inammissibile per tardività della notifica alla controparte, cosicché la vicenda fu portata in Cassazione, la quale accolse il ricorso, cassando con rinvio la pronuncia di inammissibilità dell’appello.

In seguito alla riassunzione del giudizio da parte dell’ex coniuge la Corte di appello di Venezia respinse la richiesta di revoca dell’assegno ritenendo che l’assenza di redditi da lavoro, l’età della ex consorte, la sua dedizione alla assistenza della madre giustificassero la conferma della decisione di primo grado.

Cosicché la vicenda è approdata nuovamente in Cassazione (Sesta Sezione Civile, ordinanza n. 506/2020).

A giudizio degli Ermellini, la circostanza della assistenza prestata dalla ex moglie alla madre e quella dei vantaggi economici che ne erano derivati e sarebbero potuti derivare dall’eredità acquisita erano circostanze già prese in considerazione dai giudici del merito che, per l’effetto avevano provveduto a ridurre notevolmente l’assegno fissato nel 1999, da 516,46 euro a 350,00 euro mensili.

Con una motivazione congrua e immune da vizi la Corte di appello aveva, dunque, confermato il diritto della donna a percepire l’assegno di divorzio nella misura ridotta di 350 euro mensili.

Il ricorso è stato perciò rigettato e il ricorrente condannato al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

La redazione giudica

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