La ricorrente chiedeva che il giudice dichiarasse la sussistenza del requisito necessario ad ottenere l’assegno di invalidità civile

L’ammissibilità dell’accertamento tecnico preventivo ex art. 445 bis c.p.c. presuppone, come proiezione dell’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., che l’accertamento medico-legale, richiesto in vista di una prestazione previdenziale o assistenziale, risponda ad una concreta utilità per il ricorrente – la quale potrebbe difettare ove siano manifestamente carenti, con valutazione “prima facie”, altri presupposti della predetta prestazione -, al fine di evitare il rischio della proliferazione smodata del contenzioso sull’accertamento del requisito sanitario. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 36382/2021 pronunciandosi sul caso di una cittadina che si era vista respingere il ricorso proposto ai sensi dell’art. 445 bis, sesto comma, c.p.c., con il quale la stessa, dopo aver dichiarato di contestare l’accertamento tecnico che non aveva riconosciuto i requisiti sanitari necessari per ottenere l’indennità di accompagnamento, aveva chiesto che il giudice dichiarasse la sussistenza del requisito necessario ad ottenere l’assegno di invalidità civile.

Ad avviso del Tribunale, la domanda andava rigettata perché l’a.t.p.o non era stato preceduto da apposita idonea domanda amministrativa riferita alla prestazione dell’assegno di invalidità civile, né era stato formulato il relativo quesito al c.t.u.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente si doleva che il Giudice del merito non avesse accolto la richiesta di accertamento della sussistenza del 75% di invalidità al fine di ottenere l’assegno di invalidità civile, posto che il giudizio per accertamento tecnico preventivo obbligatorio era stato proposto a seguito dell’avvenuto riconoscimento, in sede amministrativa, della totale inabilità e che nelle more di tale procedimento si era modificata la propria condizione reddituale in maniera da integrare il requisito richiesto per fruire dell’assegno di cui all’art. 13 I. n. 118 del 1971.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondata la doglianza proposta.

La stessa ricorrente, infatti, non negava che in sede di richiesta di a.t.p.o. ex art. 445 bis c.p.c. non si era fatto cenno alla prestazione dell’assegno di invalidità civile, ma pretendeva di fondare la critica alla decisione impugnata facendo ricorso ai principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità in materia di continenza tra domanda di pensione di inabilità civile e di assegno.

La Cassazione ha invece precisato che, per stabilire se il giudice investito della domanda di pensione, anche in mancanza di espressa richiesta dell’interessato, possa riconoscere al richiedente l’assegno di invalidità (in quanto implicitamente compreso nella più ampia domanda di pensione), occorre verificare se nella fattispecie concreta ricorrano i peculiari requisiti socioeconomici richiesti dalla legge per l’assegno, in relazione alla cui sussistenza non si sia formato un giudicato implicito; in particolare, in materia di pensione d’inabilità o di assegno d’invalidità, rispettivamente previsti, a favore degli invalidi civili (totali o parziali) dalla L. 30 marzo 1971, n. 118, artt. 12 e 13, il cosiddetto requisito economico e, per l’assegno, il requisito dell’incollocazione (e, a far data dall’entrata in vigore della L. n. 247 del 2007, il requisito del mancato svolgimento di attività lavorativa) integrano elementi costitutivi della domanda, sicché la deduzione e la prova del loro possesso costituiscono onere del ricorrente.

La redazione giuridica

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