Accolto il ricorso di una donna che eccepiva, ai fini del riconoscimento del diritto all’assegno di invalidità civile, la rilevanza dei redditi percepiti dal coniuge

Anche alla luce del D.L. n. 76/2013 convertito in L. n. 99/2013, resta confermato che per l’assegno di invalidità, anche nel periodo successivo alla entrata in vigore della L. n. 247/2007, occorre far riferimento al reddito personale dell’assistito, con esclusione del reddito percepito da altri componenti del nucleo familiare di cui il predetto fa parte.

Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 29567/2020 pronunciandosi sul ricorso di una donna contro la decisione con la quale la Corte territoriale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava il suo diritto all’assegno di invalidità civile di cui all’art. 13 della I. 30 marzo 1971 n. 118, con decorrenza 28/6/2013, condannando l’Inps al pagamento della relativa prestazione, fissando tale decorrenza in data successiva all’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 28/6/2013, sulla base del rilievo secondo cui, solo a seguito della nuova legge era stata esclusa la considerazione del reddito del coniuge ai fini del computo del limite reddituale per il riconoscimento della prestazione, reddito da computarsi secondo il precedente regime per il periodo antecedente.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente deduceva che, essendo la domanda diretta al riconoscimento del solo assegno di invalidità civile, ai fini dell’attribuzione della prestazione a nulla rilevavano i redditi conseguiti dal coniuge dal 2009 in poi, come espressamente previsto dall’art. 14 septies della I. n. 33 del 1980.

I Giudici Ermellini hanno effettivamente ritenuto di accogliere la doglianza proposta stabilendo che il diritto al beneficio in controversia doveva essere riconosciuto anche in relazione al periodo antecedente all’entrata in vigore del D.L. n. 76 del 28/6/2013, previa verifica che i redditi personali non superassero la soglia di legge e degli altri presupposti.

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