La mancata annotazione in cartella clinica delle manovre praticate durante il parto è a sfavore dei Sanitari che dovevano dimostrare la diligente e perita condotta (Tribunale di Castrovillari, sentenza n. 1065 del 17 dicembre 2020)

I genitori del bambino nato nel 2010 citano a giudizio l’Azienda Ospedaliera di Cosenza onde chiedere il risarcimento dei danni per la negligente condotta posta in essere durante il parto avvenuto presso la struttura di Castrovillari che causava paralisi di Erb-Duchenne del plesso brachiale sx.

Terminata la fase istruttoria il Tribunale ritiene sussistente la responsabilità del personale sanitario dell’Ospedale per le lesioni subite dal bambino.

La CTU, che viene integralmente condivisa dal Giudice, ha accertato che al momento del parto si verificava una distocia delle spalle che rendeva difficoltoso il parto.

Il neonato subiva “una assonotmesi (interruzione degli assoni e delle guaine mieliniche con conservazione della guaina perineurale) delle radici nervose C5 – C6 del plesso brachiale sinistro e, quindi, una paralisi di tipo superiore (nota pure come paralisi di Erb-Duchenne) dell’arto superiore sinistro “……. “Tale lesione è ascrivibile all’operato dei Sanitari che hanno assistito il parto”.

“Il Ginecologo che ha assistito il parto ha riportato in cartella clinica di aver personalmente effettuato manovre idonee per la risoluzione del problema improvvisamente manifestatosi («… si ha difficoltà nel disimpegno della spalla sin., per cui il sottoscritto interviene ed effettua le dovute manovre di rito per il disimpegno …»), ma non ha descritto alcuna delle manovre previste e descritte dalla letteratura e normalmente applicate nella pratica ostetrica secondo raccomandazioni di cui a linee guida ovvero a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, ciò impedendo qualsivoglia controllo verifica della appropriatezza e quindi della efficacia del comportamento attuato dal sanitario” e che “l’espressione «manovre di rito per il disimpegno» usata dal Ginecologo, non consente di rilevare la sequenza delle manovre effettuate per risolvere la distocia delle spalle (piuttosto che la difficoltà al disimpegno, come già detto), considerando che le manovre previste e descritte dalla letteratura ed attuate nella comune prassi sono numerose ed ognuna di esse ha un nome definito, che ovviamente deve essere citato nella cartella clinica “, concludendo, nel senso che ” il personale sanitario (medico ostetrico -ginecologo, ovvero ostetrica) abbia esercitato delle incongrue e proscritte (da raccomandazioni e buone pratiche assistenziali accreditate) trazioni sulla testa fetale”.

Nel concreto, non è stato possibile accertare quali manovre siano state eseguite dai Sanitari in quanto nella cartella clinica non venivano descritte, come invece dovuto.

Al riguardo di tale mancanza il Tribunale osserva che in virtù dei principi in materia di riparto dell’onere probatorio in materia contrattuale, grava sui convenuti dover dimostrare che la condotta sia stata diligente e immune da censure e che, quindi, le lesioni lamentate non siano loro riconducibili.

Ciò posto, viene dichiarata la responsabilità dell’Azienda cosentina e il Tribunale passa al vaglio la domanda risarcitoria avanzata.

I genitori del bambino hanno chiesto il ristoro del danno patrimoniale a titolo di spese sostenute per l’assistenza del figlio, il danno patrimoniale a titolo di perdita della capacità lavorativa futura del figlio e i danni non patrimoniali subiti. 

Riguardo il danno non patrimoniale di tipo biologico in capo al bambino la CTU ha accertato una IP del 20 -25%, una IT P al 75% per 60 giorni e una IT P al 50% per 540 giorni.

Tale posta risarcitoria viene liquidata secondo i valori indicati nelle attuali tabelle milanesi, che includono nel c.d. “punto base” anche la quota dovuta a titolo di sofferenza morale, da riconoscersi anche al neonato.

Nulla, invece, viene riconosciuto a titolo di personalizzazione, in quanto, secondo il Tribunale ” in tema di liquidazione del danno non patrimoniale per la ridotta o soppressa funzionalità di un arto in seguito ad una ingiusta lesione subita, la parte che chieda il risarcimento per pregiudizi ulteriori rispetto a quelli già forfettariamente compensati con la liquidazione attraverso i meccanismi tabellari, deve allegare altri pregiudizi di tipo esistenziale, individuando specifiche circostanze che incidano su aspetti “eccezionali” e non semplicemente quotidiani della vita, tali, per caratteristiche, dimensione od intensità ed in relazione alle proprie particolari condizioni di vita, da porli al di fuori delle conseguenze ordinariamente derivanti da pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età”.

Al riguardo i genitori avrebbero dovuto dimostrare che le lesioni all’arto subite dal bambino hanno determinato per lui delle conseguenze lesive diverse e maggiori rispetto alle medesime lesioni subite da qualsiasi altro neonato.

Pertanto, considerato che l’esistenza di circostanze idonee a tale scopo non è stata né allegata, né provata, non viene riconosciuta nessuna personalizzazione.

Il danno non patrimoniale di tipo biologico viene quantificato nel valore individuato dalle tabelle in corrispondenza del 23% di invalidità, addivenendosi all’importo di euro 113.121,00.

Viene riconosciuto il danno non patrimoniale subito dai genitori del bambino in considerazione  dell’orientamento giurisprudenziale che  riconosce tale ristoro ai prossimi congiunti di persona che ha subito lesioni personali a causa di un illecito costituente reato.

Tale danno viene liquidato in via equitativa, utilizzando le tabelle milanesi per il danno da perdita del rapporto parentale e riducendo alla misura del 23% (IP accertata) il valore di euro 166.000,00 previsto per la perdita del rapporto parentale, per un totale di euro 38.180,00 per ciascun genitore.

Riguardo il ristoro dei danni patrimoniali viene respinta la relativa domanda dei genitori in proprio per assoluta carenza di prova.

Difatti, riguardo le sedute di riabilitazione del bambino non è stata depositata nessuna giustificazione di spesa, ma esclusivamente certificazioni di trattamenti riabilitativi eseguiti presso strutture dell’Asp, senza però indicazione dei costi.

Accolta, invece, la domanda del danno patrimoniale per perdita della capacità lavorativa del bambino poiché è pacifico che a causa delle lesioni riportate lo stesso incontrerà maggiori difficoltà sia nel percorso di formazione che nella ricerca di un lavoro.

Specifica il Tribunale che il danno patrimoniale da perdita della capacità lavorativa generica subito da un neonato al momento della nascita, in assenza di elementi relativi alle sue inclinazioni e alle condizioni professionali e reddituali dei genitori, può essere liquidato in misura pari al triplo dell’assegno sociale.

La determinazione finale dell’importo va effettuata secondo i seguenti e alternativi sistemi:

“(a) capitalizzare il reddito perduto in base ad un coefficiente corrispondente all’età della vittima al momento del danno, e poi ridurre il risultato moltiplicandolo per il c.d. coefficiente di minorazione per anticipata capitalizzazione;

(b) capitalizzare il reddito perduto in base ad un coefficiente corrispondente all’età della vittima al momento in cui avrebbe presumibilmente iniziato a lavorare “.

Pertanto, tenuto conto della percentuale di IP accertata del 23% e considerato che non vi sono elementi inerenti le inclinazioni professionali del danneggiato, il danno da perdita della capacità lavorativa generica subito dal bambino viene equitativamente quantificato in euro 177.361,02, ovverosia il triplo dell’importo annuo dell’assegno sociale 2020, moltiplicato per il numero di anni della vita lavorativa (17.933,37×4 3=771.134,91), il risultato (771.134,91) ridotto al 23%, pari al grado di invalidità riportato.

In conclusione, il Tribunale condanna l’azienda ospedaliera a corrispondere ai genitori del bambino il danno non patrimoniale e patrimoniale oltre alle spese di lite e di C.T.U.

Nello specifico, euro 113.121,00 a titolo di danni non patrimoniali, euro 177.361,02 a titolo di danni patrimoniali , euro 38.180,00 per ciascun genitore a titolo di danni non patrimoniali.

Avv. Emanuela Foligno

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