Accolto il ricorso di una donna contro il rigetto della domanda volta ad ottenere l’assegno di invalidità civile

Con l’ordinanza n. 28051/2020 la Cassazione ha accolto il ricorso di una donna che si era vista rigettare in sede di merito la domanda volta ad ottenere l’assegno di invalidità civile.

La Corte territoriale, in particolare, nel riformare la sentenza di primo grado, affermava che il CTU, nominato in appello aveva accertato una percentuale di invalidità del 62%; che in particolare la diagnosi era di sindrome Turner, stenosi valvolare aortica di grado moderato (I e II classe NYHA), stato ansiosa depressivo; che le conclusioni erano state contestate dall’appellata a cui il CTU aveva replicato segnalando che la documentazione attestante l’aggravamento della patologia cardiaca, associata alla sindrome Turner, di per sé non invalidante, era stata depositata solo allegata alle note di replica e che tale produzione era tardiva e quindi inammissibile avendo, inoltre, data anteriore alla visita medico legale.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente contestava al Collegio distrettuale di aver omesso del tutto di esaminare la relazione integrativa redatta dal CTU nominato in appello a seguito delle sue contestazioni e, comunque, di aver dato una lettura contraddittoria, totalmente travisata e con motivazione solo apparente, pur avendo dichiarato di volersi uniformare ad essa. Da tale integrazione risultava, infatti, che “pur essendo asintomatica la valvulopatia aortica, pur essendo controllate farmacologicamente le crisi asmatiche, le percentuali di invalidità attribuite dalle tabelle ministeriali alla stenosi aortica moderata (50%) e alla bronchite cronica asmatica (45% fisso) comportano il raggiungimento di una percentuale di invalidità del 78% (calcolata con il metodo riduzionistico) che può essere riconosciuto a partire dall’epoca della domanda amministrativa in quanto dalla documentazione sanitaria allegata alla richiesta di chiarimenti del CTP, la bronchite cronica asmatica era già presente a quell’epoca”.

La donna deduceva poi che il Giudice di secondo grado avrebbe dovuto esaminare, vagliare e valutare la documentazione sanitaria da lei esibita, osservando, al riguardo, che comunque la sussistenza di un quadro invalidante nella misura del 78% non era conseguenza dell’aggravamento della patologia cardiaca ,associata alla sindrome Turner, di per sé non invalidante, “come erroneamente affermato dalla Corte, ma conseguenza del riconoscimento della bronchite cronica asmatiforme che ,se pur non rilevata nella prima relazione medica dal CTU per evidente errore diagnostico, era stata affermata nella relazione integrativa e ritenuta presente fin dalla domanda amministrativa poiché già riconosciuta nella relazione del consulente del Tribunale e del consulente di parte.

Gli Ermellini hanno ritenuto le doglianze meritevoli di accoglimento.

Dal Palazzaccio hanno effettivamente ravvisato la violazione dell’art 149 disp. att. in quanto la Corte aveva affermato erroneamente di non poter esaminare la documentazione attestante un aggravamento della patologia cardiaca.

“E’ noto – sottolinea la Cassazione – che l’art. 149 disp. att. cod. proc. civ., impone di valutare gli aggravamenti incidenti sul complesso invalidante verificatisi nel corso del procedimento amministrativo e giudiziario. Essa è espressione di un principio generale di economia processuale, nonché in base al canone interpretativo desunto dal precetto costituzionale di razionalità e di uguaglianza. L’operatività della citata disposizione non può ritenersi limitata al solo giudizio di primo grado, giacché il giudizio concernente le prestazioni assistenziali non ha per oggetto l’atto amministrativo di reiezione della domanda bensì l’esistenza del diritto dell’assicurato alla prestazione stessa, e quindi dei relativi presupposti che, in applicazione dell’art. 149 disp. att. cod. proc. civ., devono essere accertati non solo con riferimento alla data dell’atto amministrativo di reiezione, ma con riferimento al periodo successivo e fino alla pronuncia giudiziaria”.

E ancora: “Il relativo obbligo non è subordinato ad una richiesta di parte e neanche alla produzione di documenti ad opera di questa, ma può essere assolto d’ufficio, anche in appello, conservando il giudice anche in tale fase, nei limiti del devoluto, l’insindacabile potere di apprezzare l’idoneità degli elementi prospettati dalla parte o rilevati d’ufficio ad esprimere un sopravvenuto deterioramento della condizione patologica e a delineare l’esigenza di conseguenti accertamenti”.

Nel caso in esame la Corte territoriale aveva invece ritenuto, in violazione di detta norma, di non poter esaminare la documentazione che la stessa Corte assumeva rappresentare un aggravamento della patologia cardiaca.

La decisione, peraltro, era da ritenersi ancor più errata considerando che il CTU – secondo quanto riferito dalla ricorrente richiamando gli accertamenti peritali svolti in appello – nella relazione integrativa aveva evidenziato la presenza di una bronchite asmatica, non rilevata nella sua prima relazione medica, che determinava il raggiungimento della percentuale di invalidità idonea al riconoscimento della prestazione richiesta. Tale patologia, infatti, risultava già accertata dal CTU del Tribunale e lo stesso CTU, nominato in appello l’aveva ritenuta decisiva ai fini del riconoscimento dell’assegno di invalidità civile.

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