La gestante, dopo essere stata dimessa in seguito a un primo accesso in Pronto soccorso, sarebbe tornata in ospedale dopo tre ore e sarebbe stata sottoposta a un cesareo d’urgenza a fronte di una diagnosi di distacco placentare

Si sarebbe presentata in Pronto soccorso con perdite di sangue ma, dopo essere stata visitata, sarebbe stata rimandata a casa. Poco dopo la donna, 27enne alla trentanovesima settimana di gravidanza, si sarebbe nuovamente recata in ospedale e, questa volta, sarebbe stata sottoposta a un cesareo d’urgenza in seguito a una diagnosi distacco placentare. La sua piccola, tuttavia, sarebbe nata morta.

Il fatto, riportato dal Mattino di Padova, risale a fine novembre. In seguito al primo accesso nel nosocomio di Schiavonia, la giovane sarebbe stata dimessa alle 23.40 con una diagnosi di “falso travaglio” dopo una cardiotocografia esterna effettuata al fine di individuare precocemente stati di sofferenza fetale.

A distanza di tre ore la gestante si era riprensentata presso la struttura sanitaria dove le sarebbero state riscontrate perdite ematiche e una riduzione dei movimenti fetali.

Da li la corsa in sala operatoria ma una volta estratta la piccola sarebbe nata priva già priva di vita e a nulla sarebbero valsi i tentativi di rianimazione da parte del personale sanitario.

In seguito alla denuncia presentata dalla donna e dal compagno la Procura del capoluogo di provincia veneto ha aperto un fascicolo sul caso per fare piena chiarezza sull’accaduto e valutare la sussistenza di eventuali responsabilità sanitarie.

Per la famiglia, il caso merita un approfondimento da parte della Procura. In particolare, i genitori chiedono che vengano disposti tutti gli accertamenti necessari, compreso l’esame autoptico, per fare piena luce sulle cause della tragedia e valutare se sussistano eventuali responsabilità per l’accaduto. Il sospetto è che una maggiore scrupolisità da parte del personale sanitario avrebbe potuto salvare la vitta alla loro bimba.

Per il legale della coppia, inoltre, sembrerebbero esistere elementi di responsabilità medica tali da condurre a un importante risarcimento in sede civile. La giovane donna, peraltro, otto giorni dopo l’intervento sarebbe stata costretta anche a ricorrere alle cure dell’ospedale per un ematoma sulle suture che le erano state praticate in seguito al taglio cesareo.

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