Respinto il ricorso del proprietario di un pastore belga condannato a risarcire una donna che era stata morsicata dal cane riportano una ferita al pollice della mano sinistra

Con la sentenza n. 34758/2020 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di uomo condannato in sede di merito alla pena di 1.000 euro di multa, nonché al risarcimento del danno, computato in altri 1.000 euro, nei confronti della parte civile, “per il delitto di cui agli artt. 40 e 590 cod. pen.”. L’imputato, in particolare, per colpa consistita in negligenza, imperizia e imprudenza, avrebbe omesso di custodire il proprio pastore belga, non impedendo il contatto con una donna che era stata morsicata dal cane sul primo dito mano sx, riportando “lesioni personali consistite in ferita lacera 1° dito mano sx”, da cui derivava una malattia di 8 gg.

La danneggiata aveva riferito che, mentre si trovava al parco, aveva visto spuntare da dietro un cespuglio un cane lupo, di grossa taglia, senza museruola e senza guinzaglio, che si era messo ad inseguire uno dei due cani che erano con lei e che, nel tentativo di salvare quest’ultimo, era stata morsa al pollice della mano sinistra; successivamente, dopo aver avuto un diverbio con l’imputato, si era recata in Pronto soccorso.

Alla scena avevano assistito due testimoni, i quali, nonostante avessero riferito di non avere assistito al morso, avevano tuttavia dichiarato di avere visto i due cani rincorrersi e, successivamente, di essersi accorti che la donna era dolorante ad un dito.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il proprietario del cane si doleva, tra gli altri motivi, della ritenuta infondatezza della tesi difensiva, secondo cui la lesione subita dalla parte civile avrebbe potuto ascriversi a qualsiasi altro evento, come un morso del proprio cane. A suo avviso, dalle testimonianze e dalla relazione del veterinario emergeva l’assoluta mancanza di certezza della versione sostenuta dalla donna con conseguente carenza di prova della propria penale responsabilità.

La Cassazione, tuttavia, nel respingere il ricorso, sottolineava come i Giudici del merito avessero correttamente osservato che il racconto della persona offesa fosse riscontrato, oltre che dalle testimonianze, anche dai certificati medici in atti, i quali dimostravano una ferita alla mano proveniente da un morso di cane. A fronte di tale compendio probatorio, che riscontrava e rendeva complessivamente credibile il narrato della persona offesa, era stato perciò ritenuto irrilevante che nessuna delle persone sentite nel dibattimento avessero assistito al morso da parte del cane dell’imputato.

Altrettanto correttamente era stata ritenuta infondata la tesi alternativa avanzata dall’appellante, secondo cui la lesione subita dalla controparte avrebbe potuto ascriversi a qualsiasi altro evento, quale ad esempio il morso del proprio cane, ritendendosi tale tesi logicamente poco plausibile, viste le caratteristiche dell’animale, ovvero un cane di piccola taglia, che difficilmente avrebbe potuto provocare alla propria padrona una ferita come quella riscontrata dai certificati medici.

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