Respinto il ricorso di una donna contro il provvedimento che le negava l’aumento dell’assegno divorzile sulla base della relazione intrattenuta con il nuovo compagno
L’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamente escluso. Lo ha ribadito la Cassazione nell’ordinanza n. 28915/2020 pronunciandosi sul ricorso di una donna contro il decreto con cui la Corte di appello aveva riformato la decisione con la quale il Giudice di prime cure accoglieva la sua la richiesta di incremento dell’assegno divorzile già dovutole dall’ex coniuge da 900 euro mensili a 1.400 euro mensili.
In particolare, il Collegio distrettuale, aveva ritenuto provata l’esistenza della dedotta stabile relazione di convivenza more uxorio tra la donna e il nuovo compagno da ciò facendo derivare il venir meno dell’obbligo del reclamante di continuare a corrispondere alla ex moglie l’assegno.
Nel rivolgersi alla Suprema Corte la ricorrente contestava al Giudice a quo di aver erroneamente opinato che la nuova relazione da lei intrattenuta intrattenuta fosse qualificabile come convivenza more uxorio, anziché libera relazione sentimentale.
Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto infondato il motivo di doglianza.
Dal Palazzaccio hanno precisato che invero, la formazione di una famiglia di fatto – costituzionalmente tutelata ai sensi dell’art. 2 Cost. come formazione sociale stabile e duratura in cui si svolge la personalità dell’individuo – è espressione di una scelta esistenziale, libera e consapevole, che si caratterizza per l’assunzione piena del rischio di una cessazione del rapporto e, quindi, esclude ogni residua solidarietà post matrimoniale con l’altro coniuge, il quale non può che confidare nell’esonero definitivo da ogni obbligo.
Inoltre, ai fini della valutazione sulla persistenza delle condizioni per l’attribuzione dell’assegno divorzile, deve distinguersi tra semplice rapporto occasionale e famiglia di fatto, sulla base del carattere di stabilità, che conferisce grado di certezza al rapporto di fatto sussistente tra le persone, tale da renderlo rilevante giuridicamente. In questa prospettiva, dunque, è sufficiente che l’obbligato, che chiede l’accertamento della sopravvenuta insussistenza del diritto a percepire l’assegno mensile, dimostri l’instaurazione di una stabile convivenza dell’ex coniuge con un nuovo partner, integrando tale prova una presunzione idonea a far ritenere la formazione di una nuova famiglia di fatto e gravando, invece, sul beneficiario dell’assegno l’onere di provare che la convivenza in essere non integra nel caso concreto la formazione di una nuova famiglia.
Nel caso in esame la Corte distrettuale, dopo aver analiticamente riportato il contenuto della nuova documentazione prodotta in quella sede dall’ex marito, aveva ritenuto che “alla luce di tali elementi, numerosi, univoci e concordanti”, il reclamante avesse assolto pienamente all’onere probatorio su di esso incombente di dimostrare che la moglie aveva ormai formato una stabile famiglia di fatto con il suo nuovo compagno.
Invero, si trattava di nuova relazione di lunga durata oramai caratterizzata da una piena stabilità, che aveva registrato e registrava contribuzioni economiche da parte del nuovo compagno alla reclamata, la quale non soltanto trascorreva da anni le sue vacanze con il compagno, ma ne condivideva i progetti di vita quotidiana, fermandosi a pernottare nella sua casa, di cui possedeva le chiavi, con assoluta assiduità, rivestendo cariche sociali nelle società a lui riconducibili e utilizzando mezzi di tali società.
A fronte di ciò, la donna si era limitata a sostenere di non percepire redditi dalle cariche sociali che ricopriva presso tali società e di non convivere stabilmente con il compagno, avendo locato una casa d’abitazione a suo nome, dopo la revoca dell’ assegnazione della casa coniugale contenuta nel provvedimento impugnato, ove viveva allorquando non si tratteneva a dormire presso l’abitazione dell’uomo. Tali affermazioni, ad avviso della Corte, erano tuttavia del tutto insufficienti a scalfire la prova dell’esistenza della convivenza more uxorio.
La redazione giuridica
Hai vissuto una situazione simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o invia un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623
Leggi anche:
Assegno divorzile: ex moglie disoccupata, si alla natura assistenziale