Respinto il ricorso di un uomo contro il riconoscimento dell’assegno divorzile in favore della ex moglie “in difetto di una compiuta verifica della mancanza dell’indipendenza economica”

La Cassazione, con l’ordinanza n. 18681/2020, si è pronunciata sul contenzioso tra due ex coniugi in materia di assegno divorzile. In particolare, in sede di pronuncia di cessazione degli effetti civili del matrimonio, il Tribunale aveva disposto l’assegnazione della casa coniugale all’ex marito, perché vi continuasse ad abitare con il figlio maggiorenne non ancora autosufficiente, respingendo le restanti domande proposte, tra cui quella di riconoscimento in favore dell’ex moglie dell’assegno divorzile mensile di €700,00.

La decisione era stata parzialmente riformata in appello, con il riconoscimento alla donna di una cifra pari a 250 euro al mese, con decorrenza dalla data della domanda, considerato che la signora non risultava svolgere una stabile attività lavorativa e “ben difficilmente potrà inserirsi nel mondo del lavoro in modo proficuo”, essendo “52enne”, mentre l’ex marito risultava svolgere un’attività di lavoro dipendente, con un reddito annuo netto pari ad Euro 20.853,00, e fruiva dell’immobile, già casa coniugale, seppur sostenendo l’onere del pagamento del mutuo e del mantenimento del figlio; il tutto tenuto anche conto della non breve durata del matrimonio, dall’agosto 1985 al marzo 2007, epoca della separazione consensuale tra i coniugi.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, l’ex marito lamentava, tra gli altri motivi, il riconoscimento della spettanza all’ex coniuge di un assegno divorzile, in difetto di una compiuta verifica della mancanza dell’indipendenza economica da parte della richiedente ovvero dell’impossibilità per ragioni oggettive di raggiungerla, nella specie insussistenti (essendo quest’ultima comproprietaria dell’immobile, già casa coniugale, e svolgendo la stessa attività lavorativa nel settore delle pulizie e dell’assistenza agli anziani, non regolare, e comunque essendo pienamente capace di procurarsi un lavoro).

La Cassazione, tuttavia, ha ritenuto infondato il motivo del ricorso.

I Giudici Ermellini hanno infatti ricordato la recente sentenza n. 18287/2018, in base alla quale:

1) “il riconoscimento dell’assegno di divorzio in favore dell’ex coniuge, cui deve attribuirsi una funzione assistenziale ed in pari misura compensativa e perequativa, ai sensi della L. n. 898 del 1970, art. 5, comma 6, richiede l’accertamento dell’inadeguatezza dei mezzi dell’ex coniuge istante, e dell’impossibilità di procurarseli per ragioni oggettive, applicandosi i criteri equiordinati di cui alla prima parte della norma, i quali costituiscono il parametro cui occorre attenersi per decidere sia sulla attribuzione sia sulla quantificazione dell’assegno. Il giudizio dovrà essere espresso, in particolare, alla luce di una valutazione comparativa delle condizioni economico-patrimoniali delle parti, in considerazione del contributo fornito dal richiedente alla conduzione della vita familiare ed alla formazione del patrimonio comune, nonché di quello personale di ciascuno degli ex coniugi, in relazione alla durata del matrimonio ed all’età dell’avente diritto”;

2) “all’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge deve attribuirsi, oltre alla natura assistenziale, anche natura perequativo-compensativa, che discende direttamente dalla declinazione del principio costituzionale di solidarietà, e conduce al riconoscimento di un contributo volto a consentire al coniuge richiedente non il conseguimento dell’autosufficienza economica sulla base di un parametro astratto, bensì il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare, in particolare tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate”;

3) “la funzione equilibratrice del reddito degli ex coniugi, anch’essa assegnata dal legislatore all’assegno divorzile, non è finalizzata alla ricostituzione del tenore di vita endoconiugale, ma al riconoscimento del ruolo e del contributo fornito dall’ex coniuge economicamente più debole alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi”.

Nel caso in esame, la Corte d’appello aveva compiuto una corretta valutazione del presupposto del riconoscimento dell’assegno.

Il Collegio diustrettuale aveva dato rilievo all’accertamento compiuto dal giudice di merito in ordine alla disparità reddituale in favore della donna, emergente dalle risultanze delle dichiarazioni dei redditi dell’ex coniuge, dipendente con contratto di lavoro a tempo indeterminato, e dallo stato di disoccupazione della signora, la quale aveva allegato di non potere più svolgere neanche quei lavori di addetta alla pulizia, che prima le consentivano di guadagnare Euro 400,00 mensili. Sono valsi in tal senso l’assenza di un reddito da lavoro della donna , la sua non più giovane età, la situazione del mercato ed il fatto che la stessa risultasse comproprietaria unicamente dell’immobile adibito a casa coniugale, assegnato all’ex coniuge che vi abitava con il figlio maggiorenne ma non autosufficiente economicamente.

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