Gli sms in cui la donna chiede perdono al marito (senza specificare per cosa) non sono decisivi per dimostrarne la presunta infedeltà

Respinta la domanda di addebito di separazione avanzata da un uomo nei confronti della ex moglie per una presunta relazione extraconiugale. L’uomo nell’impugnare la decisione di merito davanti alla Suprema Corte denunciava, in particolare, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio. Nello specifico, a suo dire, il giudice a quo aveva in parte travisato ed in parte omesso di considerare il materiale istruttorio da cui emergeva l’infedeltà della donna ed il nesso di causalità tra essa e la separazione coniugale.

Secondo il ricorrente, la Corte d’appello non avrebbe dovuto escludere l’addebito, avendo errato nel ritenere che “dalla prova testimoniale espletata non può ricavarsi alcuna certezza né circa la reale sussistenza della relazione extraconiugale che la xxx avrebbe intrattenuto, perché non vi è alcun riferimento preciso né al periodo in cui sarebbe sorta né alla durata né soprattutto alcun riscontro diretto, perché i testi escussi hanno riferito di circostanze apprese soltanto de relato …, ma soprattutto non è certo che tale (presunta,) relazione sia stata la causa della rottura dell’unione coniugale”; ed avrebbe errato, la Corte territoriale, sia perché non avrebbe attribuito il dovuto rilievo alle testimonianze della figlia del ricorrente e della fidanzata del figlio, sia perché non avrebbe considerato ulteriori elementi probatori, quali gli SMS scambiati dalla donna con persona non identificata e le risultanze dell’indagine svolta da un’agenzia investigativa.

Gli Ermellini, tuttavia, con l’ordinanza n.18508/2020 hanno ritenuto la doglianza inammissibile.

Per la Cassazione, infatti, è palese che il ricorrente ha inteso rimettere in discussione la valutazione che il giudice di merito ha compiuto del materiale istruttorio, sia con riguardo al suo rilievo per l’obiettivo accertamento del verificarsi dell’infedeltà, sia con riguardo al suo rilievo per la verifica del nesso di causalità tra la violazione del dovere di fedeltà e la separazione coniugale.

Quanto alla censura relativa agli SMS, poi, dal Palazzaccio hanno evidenziato che “costituisce mera petizione di principio quella secondo cui i menzionati messaggi sarebbero decisivi, in quanto, documentando il perdono chiesto dalla moglie al marito, implicherebbero il riconoscimento del tradimento”. Dai messaggi richiamati dal ricorrente, infatti, risultava che la donna avesse chiesto il perdono del marito, ma non risultava per che cosa abbia chiesto di essere perdonata; il che – ha concluso la Suprema Corte – “val quanto dire che il ricorrente non ha dimostrato la astratta decisività degli SMS non considerati dal giudice di merito”.

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