Assenze obbligatorie per legge (malattia, infortunio) e retribuzione di risultato (Cassazione civile, sez. lav., 25/05/2022, n.16970).

Assenze obbligatorie per legge ai fini della retribuzione di risultato di un dipendente dell’Inps.

La Corte d’Appello di Firenze confermava, con diversa motivazione, la sentenza del Tribunale di Firenze, che aveva accolto la domanda proposta da un dipendente dell’INPS, diretta a percepire in misura piena la retribuzione di risultato relativa all’anno 2010, decurtata però dall’INPS in ragione delle assenze obbligatorie (per malattia) nello stesso anno.

I Giudici d’Appello ritenevano pacifico che il dipendente avesse diritto alla retribuzione di risultato mentre era in discussione il suo criterio di computo. Secondo la disposizione dell’art. 7 CCNI INPS 2008, la retribuzione di risultato era quantificata anche sulla base della presenza in servizio, considerando come utili il periodo feriale e “le assenze obbligatorie per legge”.

La Corte territoriale non condivideva la tesi dell’INPS, secondo la quale le assenze per malattia non rientravano tra le assenze “obbligatorie per legge”, tutelate dalla norma collettiva sicché trovava applicazione il D.L. n. 112 del 2008, art. 71, che escludeva il diritto alla retribuzione accessoria nei primi dieci giorni di assenza per malattia.

Riteneva, nello specifico, che il silenzio apparentemente serbato dalla contrattazione del 2008 in ordine al computo nella determinazione della retribuzione di risultato del periodo di malattia dovesse essere interpretato alla luce dei due riferimenti contrattuali, antecedente e successivo, che lo inglobavano nella retribuzione di risultato.

L’Inps propone ricorso per cassazione lamentando la errata interpretazione del contratto collettivo nazionale.

In particolare, ha evidenziato la diversità letterale del testo del contratto integrativo del 2008 rispetto a quello degli anni 2007 e 2011 ed osservato che il D.L. n. 112 del 2008, art. 71, fa salve le previsioni più favorevoli contenute nella contrattazione collettiva soltanto per malattie dovute a cause specifiche. Con il CCNI 2008, stipulato nel marzo 2009, le parti si erano dunque adeguate alla disposizione normativa, senza prevedere un trattamento di favore per la malattia, che dunque non andrebbe ritenuta nelle assenze obbligatorie.

Secondo l’Inps, mentre con il CCNI del 2007 erano tutelate soltanto le malattie superiori a quindici giorni, negli anni dal 2008 al 2010 la malattia non era stata considerata dalle parti sociali come presenza in servizio ai fini della retribuzione di risultato.

Il ricorso è inammissibile.

La sentenza impugnata è basata sulla disciplina del CCNI INPS dell’anno 2008 e i contratti integrativi, osserva la Cassazione, attivati dalle amministrazioni sulle singole materie e nei limiti stabiliti dal contratto nazionale, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono, hanno una dimensione di carattere decentrato rispetto al comparto, con la conseguenza che la loro interpretazione è riservata al Giudice di merito ed è censurabile in sede di legittimità soltanto per violazione dei criteri legali di ermeneutica contrattuale ovvero per vizio di motivazione.

La parte ricorrente, non illustra nella esposizione per quali ragioni la interpretazione accolta dal Giudice dell’appello si porrebbe in contrasto con uno specifico canone interpretativo; piuttosto si duole genericamente che la Corte d’appello non abbia fornito alcun canone interpretativo a base della interpretazione enunciata.

In altri termini, l’Inps piuttosto che denunciare l’errore di diritto commesso dal Giudice dell’appello, invita la Cassazione a compiere una non consentita interpretazione diretta del testo del CCNI, conforme alle proprie difese.

Ricorso dichiarato inammissibile con condanna dell’Inps al pagamento delle spese di giudizio per euro 3.500,00 oltre spese e accessori.

Avv. Emanuela Foligno

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