Assolto perché il fatto non sussiste. La Cassazione ha ritenuto indenne da qualsiasi responsabilità penale il medico accusato di rifiuto di atti d’ufficio per aver interrotto l’esecuzione di un delicato intervento perché dopo venti minuti il secondo chirurgo non era ancora giunto in sala operatoria

La vicenda

Era stato imputato per il delitto di rifiuto di atti d’ufficio, il dirigente medico che decise di interrompere l’esecuzione di un delicato intervento di safenectomia su un paziente, perché in sala operatoria mancava il secondo chirurgo. La partecipazione di quest’ultimo era indispensabile a sua detta – vista la complessità dell’intervento e le particolari condizioni fisiche del paziente (“a rischio per obesità”).

Secondo quanto riferito dall’accusa l’imputato, nella qualità di dirigente medico presso la Divisione di chirurgia di un ospedale pubblico, “rifiutava indebitamente di portare a termine l’ intervento chirurgico di safenectomia destra sulla paziente, dopo averla già sottoposta alla prescritta procedura anestesiologica ed averle già praticato l’incisione cutanea e sottocutanea propedeutica all’asportazione della vena grande safena”.

La ragione del rifiuto sarebbe stata la seguente: “si era al limite della copertura anestetica ed un dolore così intenso qual era quello che si prova intervenendo su una vena, avrebbe potuto provocare in un soggetto cardiopatico anche il decesso”.

La pronuncia di assoluzione

Dopo la condanna in primo e secondo grado di giudizio, è giunta l’assoluzione con formula piena da parte dei giudici della Suprema Corte di Cassazione.

Un duro monito è stato rivolto ai giudici dell’appello che nel decidere la vicenda in esame, avevano completamente omesso di valutare la circostanza delle possibili implicazioni di una simile operazione su persona ipertesa, obesa e cardiopatica e dunque, la necessaria presenza di un secondo chirurgo in sala operatoria.

Ma non è tutto. La condotta addebitata all’imputato non integrava in alcun modo il reato contestato. Al contrario, doveva dirsi che egli agì coscientemente a tutela del paziente, preferendo perciò rinviare l’intervento ad altro momento e in condizioni di maggiore sicurezza.

Semmai, un profilo di responsabilità poteva rinvenirsi nella condotta del secondo chirurgo, il quale avrebbe dovuto garantire la sua presenza dall’inizio dell’intervento fino alla fine e invece, da quanto emerso dagli atti, dopo venti minuti dall’inizio della operazione non era ancora intervenuto.

La redazione giuridica

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