La Cassazione ha fornito chiarimenti sulla circostanza in cui, in caso di un’ auto data in prestito, si debba stabilire a chi spetta pagare la multa

Nel caso in l’ auto data in prestito a un altro soggetto venga coinvolta in violazioni del Codice della Strada, a chi spetta pagare la multa? Al proprietario o al soggetto che era alla guida?
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 29593/2017 ha precisato che il proprietario del veicolo è obbligato a conoscere l’identità del soggetto cui affida la conduzione dell’auto.
Non solo. Il proprietario è anche tenuto a comunicarne i dati, altrimenti è legittima la contestazione della violazione ex art. 126-bis del codice della strada.
Questi obblighi in caso di auto data in prestito sono ancora più importanti. Questo poiché il proprietario è responsabile della circolazione del veicolo stesso nei confronti della P.A. e dei terzi.

Ma che cosa prevede l’art. 126-bis del codice della strada?

L’art. 126 bis codice della strada, che disciplina la patente a punti, prevede, al comma 2 un principio importante.
Vale a dire che “il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’articolo 196, deve fornire all’organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione”.
Tale norma, di fatto, pone l’obbligo a carico del proprietario dell’ auto data in prestito di comunicare i dati del conducente del mezzo entro 60 giorni dalla notifica del verbale di contestazione.
Questo al fine di applicare correttamente la sanzione di decurtazione dei punti dalla patente.
Nel caso di specie affrontato dai giudici, il ricorrente, deducendo l’erronea applicazione degli artt. 126 bis e 180 C.d.S. e dei principi della Suprema Corte, ha sostenuto di aver assolto ai suoi obblighi.
Vale a dire che, nel rispetto di quanto previsto dall’art. 126 bis C.d.S, sosteneva di aver comunicato tempestivamente, tramite raccomandata, i dati anagrafici propri e del conducente, gli estremi e la copia autenticata della propria patente di guida.

Le conclusioni della Cassazione sono state le seguenti.

“In tema di violazioni alle norme del codice della strada, il proprietario di un veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti della P.A. o dei terzi, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali affida la conduzione e, di conseguenza, a comunicare tale identità all’autorità amministrativa che gliene faccia legittima richiesta, al fine di contestare un’infrazione amministrativa”.

Per i giudici “l’inosservanza di tale dovere di collaborazione essendo sanzionata.

Questo “in base al combinato disposto degli artt. 126 bis e 180 C.d.S., alla luce di quanto espressamente affermato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 27 del 2005; che in particolare, si è statuito che, con riferimento alla sanzione pecuniaria inflitta per l’illecito amministrativo previsto dal combinato disposto dell’art. 126 bis C.d.S., comma 2, e art. 180 C.d.S., comma 8, il proprietario del veicolo, in quanto responsabile della circolazione dello stesso nei confronti delle pubbliche amministrazioni, è tenuto sempre a conoscere l’identità dei soggetti ai quali ne affida la conduzione, onde dell’eventuale incapacità d’identificare detti soggetti necessariamente risponde a titolo di colpa per negligente osservanza del dovere di vigilare sull’affidamento in guisa da essere in grado di adempiere al dovere di comunicare l’identità del conducente (Cass., Sez. 2, 12 giugno 2007, n. 13748)”.
Pertanto, nel caso in esame, il fatto che il ricorrente “non avrebbe invocato alcun motivo di giustificazione ma avrebbe espresso un mero rammarico, comunicando tuttavia i propri dati e facendosi carico della presunta infrazione, si risolve nella sollecitazione di una nuova lettura della detta comunicazione, diversa da quella effettuata, con logica e congrua motivazione, dal Tribunale”.
Alla luce di tali circostanze, il ricorso è stato rigettato dalla Corte.
 
 
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