In materia di liquidazione dei compensi per l’attività professionale svolta dal difensore di una parte ammessa al gratuito patrocinio, il giudice può (nel senso che ha il dovere di) chiedere, a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessarie ai fini della decisione

La vicenda

È quanto hanno affermato i giudici della Seconda Sezione Civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 22795/19 pronunciata, all’esito del giudizio di opposizione al decreto di liquidazione delle spese di giustizia, introdotto, ai sensi dell’ art. 170 d.P.R. n. 115/2002, dall’avvocato di una parte ammessa al gratuito patrocinio.

A fronte dei 9.800,00 euro richiesti per l’attività professionale espletata in giudizio, il Tribunale di Latina, liquidava la minor somma di 400,00 euro relativa al solo giudizio di rinvio, ritenendo che non si potesse liquidare il compenso per l’attività difensiva svolta dinanzi alla Corte d’Appello (giudizio di merito e fase cautelare), in ragione della mancanza di prove sufficienti dell’avvenuta prestazione professionale, dal medesimo non dedotta nè allegata.

Nella specie, il giudice aveva ritenuto che la possibilità di richiesta d’ufficio di documenti, pure prevista in materia (D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15, comma 5), non potesse applicarsi al caso di specie, poiché detta possibilità sarebbe dalla legge limitata ad una mera integrazione documentale; mentre nel caso in esame, la domanda appariva del tutto sfornita di prova (ovvero di principi di prova) in merito all’attività svolta.

Ebbene, tale argomento non ha convinto i giudici della Cassazione.  

Nelle controversie di opposizione a decreto di pagamento delle spese di giustizia, il D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 15 prevede espressamente che: “Il presidente può chiedere a chi ha provveduto alla liquidazione o a chi li detiene, gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione“.

Da tale disposizione si ricava che il giudice dell’opposizione ha il potere-dovere di richiedere gli atti, i documenti e le informazioni necessari ai fini della decisione, essendo la locuzione “può” da intendersi non come mera espressione di discrezionalità, bensì come potere-dovere di decidere causa cognita (Cass. n. 19690 del 2015).

Sicché – hanno concluso gli Ermellini – va, parimenti escluso che siffatto potere-dovere vada limitato ad una mera integrazione documentale, solo quando, ed in quanto, sussistano in giudizio principi di prova in merito alla attività svolta dal patrocinante.

La redazione giuridica

Leggi anche:

AVVOCATI: COMPENSO E GRATUITO PATROCINIO, LA DECISIONE DELLA CASSAZIONE

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui