Azione di risarcimento per il danno differenziale e decorrenza della prescrizione (Cass. civ., sez. lav., 22 novembre 2022, n. 34377).

Azione di risarcimento per il danno differenziale derivante da malattia professionale.

In materia di prescrizione della azione di risarcimento inerente il danno differenziale la Cassazione ribadisce il principio della “manifestazione del danno” da cui decorre il termine.

La vicenda trae origine dall’azione intrapresa da un lavoratore finalizzata al riconoscimento di malattia professionale della patologia sofferta di ipoacusia bilaterale.

La Corte d’Appello di Lecce confermava la sentenza del Tribunale di Taranto, che aveva respinto la domanda proposta dal lavoratore nei confronti della società datrice di lavoro, per il risarcimento del danno differenziale derivato da malattia professionale (ipoacusia bilaterale da rumore).

I Giudici di merito respingevano la domanda per intervenuta prescrizione del diritto a proporre l’azione di risarcimento. In sostanza, il termine prescrizionale doveva considerarsi decorrere dal 1994, data in cui non solo era stata certificata, seppur in termini di sospetto, la tecnopatia ma, altresì, il lavoratore aveva inoltrato denuncia di malattia professionale all’ente previdenziale.

Riguardo, invece, la condotta datoriale la Corte riteneva che la prospettazione della condotta datoriale quale illecito permanente (e non quale illecito istantaneo) era stata effettuata solamente in grado di appello, dunque tardivamente, e, in ogni caso, doveva trattarsi di aggravamento.

Avverso la sentenza propone ricorso il lavoratore, articolato in tre motivi.

Con i primi due motivi denunzia errata individuazione del momento di decorrenza della prescrizione, fatto coincidere con il rilascio del certificato del medico attestante la sospetta ipoacusia, dovendosi, invece, far decorrere la prescrizione dalla data di cessazione del rapporto di lavoro (anno 1999) considerato il carattere permanente dell’illecito posto in essere dal datore di lavoro con la violazione degli obblighi di sicurezza imposti dall’art. 2087 c.c..

Con il terzo motivo deduce omesso esame delle richieste istruttorie tese a dimostrare la condotta permanente del datore di lavoro in ordine alla mancata insonorizzazione dei mezzi e degli ambienti di lavoro.

I primi due motivi di ricorso sono fondati.

La Corte d’Appello riteneva prescritto il danno differenziale, e dunque improponibile l’azione di risarcimento, sul rilievo che già nel 1994 il lavoratore aveva denunciato la malattia professionale all’INAIL.

Invero, sin dall’arresto di Cass. n. 10441 del 2007, risulta enunciato il principio secondo cui in materia di prescrizione del diritto al risarcimento del danno non patrimoniale dipendente da malattia professionale trova applicazione il medesimo criterio relativo alla azione diretta a conseguire la rendita per inabilità permanente nei confronti dell’INAIL, per la quale si è affermato che la prescrizione decorre dal momento in cui uno o più fatti concorrenti forniscano certezza della conoscibilità da parte dell’assicurato dello stato morboso, della sua eziologia professionale e del raggiungimento della misura minima indennizzabile.

Successivamente le Sezioni Unite (n. 580 del 2008), nel pronunziarsi sul momento di decorrenza del termine di prescrizione del diritto al risarcimento del danno in caso di patologie contratte per fatto doloso o colposo di un terzo, hanno parimenti riferito alla azione di risarcimento (ivi in discussione) i principi elaborati dalla Sezione lavoro per il conseguimento della prestazioni assicurative per malattia professionale: nella motivazione hanno condiviso l’orientamento  secondo cui la “manifestazione del danno” da cui decorre il termine di prescrizione è comprensiva anche della conoscenza della causa professionale della lesione.

Le Sezioni Unite nel citato arresto hanno enunciato, in tema di responsabilità aquiliana per malattie riconducibili al fatto doloso o colposo di un terzo, i principi della “conoscibilità del danno” e della “rapportabilità causale”, specificando che tali principi non aprono la strada alla rilevanza della mera conoscibilità soggettiva del danneggiato; la conoscibilità deve essere saldamente ancorata a due parametri oggettivi, uno interno e l’altro esterno al soggetto leso ovvero, rispettivamente, la ordinaria diligenza ed il livello di conoscenze scientifiche dell’epoca; in relazione al soggetto leso l’ordinaria diligenza si esaurisce nel portarsi presso una struttura sanitaria per gli accertamenti sui fenomeni patologici avvertiti mentre l’elemento esterno va apprezzato in relazione alla comune conoscenza scientifica era ragionevole richiedere in una data epoca in merito alla patologia manifestatasi ai soggetti cui la persona lesa si è rivolta o avrebbe dovuto rivolgersi.

Sulla scorta di tali principi, ove l’illecito si sia protratto nel tempo, ed abbia perciò carattere permanente, il termine di prescrizione comincia a decorrere al momento della definitiva cessazione della condotta inadempiente (Cass. n. 7272 del 2011, Cass. n. 9318 del 2018, Cass. n. 32376 del 2018).

Conclusivamente, la Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Lecce.

Avv. Emanuela Foligno

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