Nel caso esaminato dalla Cassazione, il ricorso dell’attore è stato respinto in quanto mancava la prova che a causare la caduta era stato l’impatto con una delle buche.

Aveva agito in giudizio per vedersi riconoscere il risarcimento di tutti i danni subiti in conseguenza di un sinistro stradale avvenuto nel 1997. L’uomo, a bordo del suo ciclomotore, sosteneva di aver perso il controllo del mezzo a causa di diverse buche presenti sulla carreggiata, andando a sbattere contro un palo della pubblica illuminazione.

Il Tribunale, tuttavia, rilevava insussistenza di profili di responsabilità imputabili all’Amministrazione e respingeva la domanda attorea. Anche la Corte territoriale rigettava l’appello, evidenziando che il comportamento colposo dell’utente era stato tale – oltre al mancato utilizzo del casco di protezione e la velocità tenuta – da interrompere del tutto il nesso eziologico tra la presenza delle buche e l’evento dannoso e che, in ogni caso, mancava la prova che causa della caduta era stato l’impatto con una delle buche.

Nel ricorrere per cassazione l’attore evidenziava che, a suo avviso, l’amministrazione comunale avrebbe dovuto fornire la prova liberatoria del caso fortuito e, pertanto, in assenza di questa, la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la responsabilità del Comune ai sensi dell’art.2051 c.c..

Inoltre, sosteneva che, in ogni caso, residuava la possibilità di configurare un concorso causale colposo.

La Cassazione, con l’ordinanza n. 262/2020 ha chiarito che il ricorrente avrebbe dovuto provare il nesso causale tra la presenza di buche e l’evento dannoso e solo dopo, eventualmente, il Comune avrebbe dovuto fornire la prova liberatoria. Peraltro, in assenza della prova del nesso eziologico non poteva applicarsi neanche il concorso del fatto colposo del creditore ai sensi dell’art. 1227 c.c.

Più specificamente – sottolineano dal Palazzaccio – il criterio di imputazione della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.(danno cagionato da cosa in custodia) “ha carattere oggettivo, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno”. Sul custode grava invece “l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, ed è comprensivo della condotta incauta della vittima, che assume rilievo ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che può anche essere esclusiva”. Da li la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.

La redazione giuridica

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