Il professionista è stato ritenuto responsabile del decesso di un giovane di 26 anni, morto per le conseguenze di una mononucleosi nel 2014. Dovrà scontare una pena di 8 mesi, oltra a risarcire, in solido con l’ospedale Spallanzani, i congiunti della vittima

Otto mesi di reclusione per omicidio colposo. E’ la condanna inflitta dal Tribunale di Roma a un infettivologo in servizio all’ospedale Spallanzani, ritenuto responsabile del decesso di un giovane di 26 anni morto per le conseguenze di una mononucleosi.

La tragedia risale all’agosto del 2014. In base a quanto ricostruito in aula dal Pubblico ministero, il giovane, pochi giorni prima di Ferragosto, aveva cominciato a sentire un fastidio alla gola. Febbricitante e con dolore alle ossa si era fatto visitare e gli era  stata diagnosticata una semplice influenza. Dopo alcuni giorni, però, al persistere del malessere aveva deciso di recarsi al Policlinico Gemelli per un controllo. Il responso degli esami, mononucleosi, aveva indotto i medici a disporre il trasferimento  immediato allo Spallanzani, struttura specializzata in malattie infettive.

Le sue condizioni, come sottolineato dal Pm, sarebbero apparse subito gravi, ma né il giorno del ricovero né quello successivo sarebbero stati eseguiti esami utili a monitorare l’evoluzione della malattia.

Il quadro clinico del paziente sarebbe peggiorato di ora in ora, con la diminuzione in gola degli spazi necessari al passaggio dell’aria. Il giovane avrebbe cominciato a avere seri problemi respiratori, oltre a perdere la capacità di mangiare, di bere e anche di parlare finché, con le vie respiratorie ostruite, sarebbe entrato in coma. A distanza di dieci giorni era sopraggiunta la morte cerebrale.

Secondo l’ipotesi accusatoria, per salvare la vita al giovane sarebbe stata sufficiente una tracheotomia, o ancor meglio una tonsillectomia. Interventi che, tuttavia, non vennero eseguiti.

Il Tribunale ha quindi accolto l’ipotesi in base alla quale il medico finito a giudizio avrebbe  agito con ‘imperizia, imprudenza e negligenza’ per non aver effettuato un monitoraggio costante delle condizioni di salute del paziente. Il giudice, inoltre, ha anche stabilito a favore di madre e fratello della vittima, parti civili nel procedimento, un risarcimento rispettivamente pari a 500mila e 400mila euro. La cifra dovrà essere pagata in solido dall’imputato e dalla struttura sanitaria.

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