Respinta l’istanza di una signora di 58 anni che chiedeva il risarcimento delle lesioni patite a seguito di una caduta sulla rampa di accesso al piano interrato del Condominio

“Qualora la cosa in custodia che si assume aver cagionato il danno sia di per sé statica e inerte e richieda che l’agire umano, e in particolare quello del danneggiato, si unisca al modo di essere della cosa, per la prova del nesso causale occorre dimostrare che lo stato dei luoghi presenti peculiarità tali da renderne potenzialmente dannosa la normale utilizzazione (buche, ostacoli imprevisti, mancanza di guard-rail, incroci non visibili e non segnalati, ecc.)”. E’ il principio  ribadito dalla Suprema Corte di Cassazione nella sentenza n. 7580/2020. I Giudici del Palazzaccio, nello specifico, si sono pronunciati sul ricorso presentato da una signora che si era vista respingere, in sede di merito, la richiesta di accertamento della responsabilità per cose in custodia ex art. 2051 del codice civile del Condominio per una caduta sulla rampa di accesso al piano interrato, resa viscida dalla pioggia, sconnessa e priva di trattamento antiscivolo. La donna, che aveva riportato lesioni alla gamba destra, guarite con postumi permanenti, pretendeva quindi il risarcimento dei danni patiti.

La controparte, a sua volta, chiedeva il rigetto nel merito della domanda negando la propria responsabilità sottolineando che la rampa era dotata di scolo per acque piovane e scanalature per il deflusso delle acque e che la relativa pavimentazione, essendo in cemento, non necessitava di trattamento antiscivolo. Sosteneva quindi che il sinistro era stato determinato dall’imperizia dell’attrice, che non si era tenuta al corrimano, o dal caso fortuito, costituito dalle abbondanti piogge verificatesi prima dell’accaduto.

I Giudici del merito avevano effettivamente ritenuto non provato il nesso di causalità tra la cosa in custodia e l’evento dannoso alla luce delle caratteristiche della rampa emerse dalle deposizioni testimoniali.

La Corte di appello, in particolare, aveva evidenziato come la signora non avesse provato che la caduta era avvenuta a causa della presenza di una situazione di pericolo riconducibile al bene: infatti, le caratteristiche della rampa (pendenza e presenza di scanalature per deflusso delle acque) inducevano ad escludere che, al momento della caduta, la stessa fosse coperta di acqua stagnante e di muschio; che il fatto che il corrimano fosse instabile, come riferito dal coniuge e dal nipote, non era confermato da alcun elemento e nemmeno dal ctp della appellante, né alcuno dei testi aveva riferito che la rampa fosse scivolosa; che tale circostanza poteva peraltro essere esclusa dal fatto che il pavimento fosse in cemento. Secondo la Corte, era viceversa probabile che la donna, che aveva 58 anni al momento del sinistro, fosse caduta per non aver tenuto una condotta adeguata alla situazione – non avendo utilizzato il corrimano – ed alle proprie capacità deambulatorie.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la ricorrente deduceva che la Corte territoriale avesse erroneamente escluso la responsabilità del condominio per mancanza della prova del nesso di causalità tra evento dannoso (caduta sulla rampa di scale) e cosa in custodia.

Il giudice dell’appello, anziché indagare circa la sussistenza di situazioni di pericolo estrinseche, determinanti insidia o trabocchetto (presenza di acqua stagnante e conseguente scivolosità del pavimento), avrebbe dovuto valutare la pericolosità intrinseca della rampa, sulla base delle sue caratteristiche, che ne rendevano potenzialmente pericoloso il normale utilizzo.

Inoltre, contrariamente a quanto affermato dal Giudice di secondo grado, la circostanza della scivolosità della rampa sarebbe stata confermata dal c.t.p. di parte attrice, il quale, sentito come teste, avrebbe confermato la propria relazione anche in riferimento a tale punto.

Infine, a detta della ricorrente, la decisione impugnata era erronea laddove rieneva che la condotta imprudente della danneggiata avesse interrotto il nesso causale tra cosa in custodia ed evento dannoso.

La Corte d’appello non avrebbe infatti valutato se la sua condotta eventualmente imprudente fosse stata autonoma, eccezionale, imprevedibile ed inevitabile, e quindi dotata di efficacia causale esclusiva nella produzione dell’evento lesivo. La ricorrente avrebbe fatto un uso normale e consentito della rampa, limitandosi a transitare su di essa, e non essendo obbligatorio l’utilizzo del corrimano. Inoltre, il giudice dell’appello avrebbe affermato la sussistenza di ridotte capacità deambulatorie della danneggiata in mancanza di qualsivoglia elemento probatorio, ricollegando tale circostanza, sulla base di una mera congettura, all’età di 58 anni della donna.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in quanto infondato. Nel caso in esame, infatti, la Corte territoriale doveva verificare se fosse provata la potenziale pericolosità dello stato dei luoghi e tale giudizio, che era stato effettuato conformandosi all’orientamento della giurisprudenza di legittimità, era insindacabile in quanto valutazione di fatto – nella specie, correttamente motivata – che spettava al giudice di merito.

La redazione giuridica

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