In pochi giorni il Ministero della Giustizia è stato condannato a risarcire ex-detenuti sottoposti a “trattamento inumano e degradante”
Il caso più recente è quello di un ex detenuto rinchiuso presso il carcere di San Vittore a Milano.
La decima sezione civile del tribunale di Milano, dopo aver accolto il ricorso presentato dall’uomo, detenuto tra il carcere di Bollate, Opera e San Vittore, ha condannato il Ministero della Giustizia a risarcire l’ex detenuto con 1.568 euro.
La cifra in questione è stata calcolata per i 198 giorni passati nel carcere milanese di San Vittore in condizioni stabilite come inumane e degradanti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo in seguito alla cosiddetta “sentenza Torreggiani”.
Dalla sentenza risulta infatti, che in riferimento al carcere di San Vittore, l’uomo ha trascorso il periodo detentivo in una cella sovraffollata, nella quale “lo spazio pro capite” è risultato “inferiore al limite minimo di 3 metri quadrati”.
A lui saranno anche dovuti gli interessi legali e le spese processuali.
Campania
Più consistente il risarcimento decretato un paio di giorni fa’ a favore di un ex detenuto napoletano recluso tra il centro penitenziario di Secondigliano e il carcere di Poggioreale. Secondo la quarta sezione civile del Tribunale di Napoli che ha accolto il ricorso presentato dai legali dell’uomo, i quali anche in questo caso, si sono appellati all’art. 3 della Convenzione Europea per la salvaguardia dell’uomo e delle libertà fondamentali, il Ministero dovrà rimborsare l’uomo con 8 euro al giorno per i 1.267 passati all’interno di celle sovraffollate, nelle quali “lo spazio pro capite” risultava essere “inferiore al limite minimo di 3 metri quadrati” per un totale 10.136 euro.
Tali celle, scrivono inoltre i giudici, «misuravano in totale, escluso il bagno (privo di doccia), 25 mq con altri 12 detenuti senza contare il mobilio e di avere goduto solo di un’ora di aria alla mattina ed una nel pomeriggio» o erano «progettate per una sola persona ed erano condivise con altri».
Puglia
Mentre appena 4 giorni fa, l’ennesima condanna a pagare, è arrivata dal Tribunale di Lecce che, accogliendo il ricorso di un ex detenuto di Taranto ha condannato lo Stato italiano a risarcire il danneggiato con 1800 euro totali per il periodo di 225 giorni (tra il 2011 e il 2012) trascorsi in condizioni di sovraffollamento. Il tribunale precisa nella sentenza che “il cosiddetto spazio vitale a disposizione del soggetto è stato superiore ai tre metri quadrati solo per due giorni, quando nella cella vi era pure un altro detenuto, mentre lo stesso è stato inferiore ai tre metri quadrati in tutti gli altri periodi”.
Le precisazioni del DAP (Dipartimento di amministrazione penitenziaria)
A fronte di quanto sopra riportato il DAP chiarisce tuttavia che allo stato attuale la situazione di sovraffollamento è una questione ormai superata.
“L’Amministrazione Penitenziaria attualmente stabilisce la capienza regolamentare secondo i parametri calcolati in base al DM del Ministero della Sanità 5 luglio 1975, per il quale la superficie delle celle singole non può essere minore di 9mq mentre per le celle multiple sono previsti 5mq aggiuntivi per ciascun detenuto.” “Con i miglioramenti apportati nell’ultimo anno – prosegue la nota- il 95% dei detenuti è in “custodia aperta” e trascorre tra le otto e le dieci ore in spazi comuni, fuori dalle camere di pernottamento, impegnati in attività trattamentali e di sostegno. La custodia aperta progressivamente si sta estendendo anche ai detenuti dell’alta sicurezza.”
Dunque i risarcimenti in questione fanno tutti riferimento al passato. In particolare stando ai dati forniti dal Dipartimento stesso: “… si evince che, dei 1617 ricorsi presentati, non risultano ancora esaminati dalla magistratura ordinaria 1276 ricorsi, solo 126 sono stati accolti mentre 215 sono stati rigettati o comunque non accolti per motivi procedurali.”
La nota si precisa infine: “… che l’art. 35 ter O.P. (quale risultante dall’intervento del decreto-legge 26 giugno 2014, n. 92 coordinato con la legge di conversione 11 agosto 2014, n. 117) espressamente ha previsto il termine di sei mesi per la proposizione del ricorso risarcitorio, decorrenti dalla cessazione dello stato detentivo o della custodia cautelare in carcere; ciò significa che il trend si intende esaurito. Inoltre, dal rapporto annuale per il 2015 della CEDU – Strasburgo 28 gennaio 2016 – è emerso come il numero dei ricorsi italiani sia pari all’11,6% del totale dei casi pendenti alla Corte di Strasburgo per i 47 Stati membri del Consiglio d’Europa e che un numero così basso di ricorsi italiani non si registrava dal 2009. Le condanne riguardanti l’Italia sono state appena 20 a fronte di un totale complessivo per tutti gli Stati membri di 692.”
Risarcimenti per detenuti o ex-detenuti, quali in riferimenti normativi
Le disposizioni urgenti in materia di rimedi risarcitori in favore di detenuti e internati (contenute nel Decreto Legge n. 92/2014), sono in vigore dal 28 giugno 2014.
Il decreto è stato emanato per adempiere alle direttive imposte all’Italia da parte della CEDU con la cosiddetta “sentenza Torreggiani” ( gennaio 2013 ) attraverso la quale si stabilisce che lo Stato italiano ha l’obbligo di risarcire adeguatamente i detenuti che abbiano scontato la pena in situazione di sovraffollamento.
La normativa in vigore prevede dunque, per i detenuti che stiano ancora scontando la pena, la riduzione di un giorno di pena per ogni dieci durante il quale è avvenuta la violazione del loro diritto a uno spazio e a condizioni adeguate, mentre, per coloro che abbiano già finito il periodo detentivo e facciano ricorso, un risarcimento pari a 8 euro per ciascuna giornata di detenzione trascorsa in condizioni non conformi alle indicazioni della Cedu.