Il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, nel caso di specie l’agente aveva documentato l’attività di pubblicizzazione della messa in vendita dell’immobile, allegando in giudizio sia la fotografia del cartello apposto sulla recinzione della casa che la pubblicità in internet riferita alla stessa

La vicenda

Il titolare di una agenzia immobiliare aveva ottenuto un decreto ingiuntivo per 10.492 euro oltre accessori nei confronti dell’opponente, a titolo di provvigione, per l’acquisto di un immobile al prezzo di 430.000 euro.

L’agente aveva riferito di aver ricevuto incarico di reperire degli acquirenti per il predetto immobile e di aver conseguentemente pubblicizzato la vendita sia attraverso il suo sito internet che con l’apposizione di un vistoso cartello sulla recinzione della casa.

L’opposizione al decreto ingiuntivo

A proporre opposizione al decreto ingiuntivo erano stati gli acquirenti della predetta abitazione, i quali sostenevano di aver concluso l’affare autonomamente, senza aver mai usufruito direttamente né indirettamente dell’attività di intermediazione dell’agenzia. Al contrario, gli stessi avevano dichiarato che al momento in cui si erano recati per la prima volta nell’abitazione non vi era alcun cartello e infatti avevano suonato e chiesto conferma alla persona ivi residente se la casa fosse in vendita; quest’ultima li aveva messi poi in contatto con l’effettiva proprietaria con cui fissavano un successivo appuntamento con un architetto.

Ma il Tribunale di Trento (Sezione Civile, sentenza n. 761/2019) ha ritenuto provato il nesso di causalità tra l’attività dell’agente e la conclusione dell’affare: poiché la pubblicità in internet l’aveva curata l’agenzia immobiliare, era evidente che proprio grazie a tale pubblicità, gli opponenti fossero venuti a conoscenza del fatto che quell’immobile fosse in vendita e avessero quindi preso l’iniziativa di contattare direttamente i proprietari, recandosi in loco, e trovandone conferma dal cartello.

La decisione

Insomma per il giudice di primo grado non vi sono dubbi: sussiste il diritto dell’agente immobiliare alla provvigione maturata per l’attività di mediazione; e ciò in ragione del principio secondo cui “il diritto del mediatore alla provvigione sorge tutte le volte in cui la conclusione dell’affare sia in rapporto causale con l’attività intermediatrice, non occorrendo un nesso eziologico diretto ed esclusivo tra l’attività del mediatore e la conclusione dell’affare, poiché è sufficiente che il mediatore, pur in assenza di un suo intervento in tutte le fasi della trattativa abbia messo in relazione le parti, sì da realizzare l’antecedente indispensabile per pervenire alla conclusione del contratto, secondo i principi della causalità adeguata (cfr. Cass. 869/2018); è altresì necessario che le parti siano state messe in grado di conoscere l’opera di intermediazione svolta dal mediatore, grazie alla cui attività hanno concluso l’affare, e la prova di tale conoscenza incombe, ai sensi dell’art. 2697 c.c., sul mediatore che voglia far valere in giudizio il diritto alla provvigione” (cfr. Cass. 11776/2019).

Ebbene nella fattispecie in esame, l’agente immobiliare aveva documentato l’attività di pubblicizzazione della messa in vendita dell’immobile, allegando in giudizio sia la fotografia del cartello apposto sulla recinzione della casa che la pubblicità in internet ad essa riferita. Tanto è bastato a far ritenere fondata la domanda di pagamento della provvigione di cui al decreto ingiuntivo opposto.

La redazione giuridica

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