Cedimento delle protesi a causa dell’esecuzione dell’intervento in condizioni anatomiche non adeguate (Tribunale di Vibo Valentia, Sentenza n. 404/2022 pubbl. il 08/06/2022, RG n. 855/2017).

Cedimento della protesi a causa delle condizioni anatomiche della paziente non adeguate.

La paziente cita a giudizio l’Odontoiatra e deduce di di essere stata sottoposta ad intervento chirurgico di implantologia presso lo studio dentistico dello stesso in data 18 luglio 2013 e che, a distanza di pochi mesi si verificava il cedimento delle protesi impiantate, poiché eseguite con una tecnica chirurgica scorretta, senza valutare la qualità di tessuto osseo, utilizzando materiali di qualità non eccellente, ed in presenza, peraltro, di una formazione cistica di notevoli dimensioni, che ha reso necessaria anche l’asportazione di due denti.

L’odontoiatra non si costituisce in giudizio e, dopo l’effettuazione di CTU Medico-Legale, la domanda viene considerata fondata.

L’attrice, attraverso la relazione medica di parte, e per mezzo della relazione peritale depositata dal nominato C.T.U, è riuscita a dimostrare di aver subito un danno a seguito dell’intervento di implantologia effettuato dall’odontoiatra convenuto e che tale danno è conseguenza diretta e immediata dell’opera dello specialista convenuto.

Il C.T.U.,  ha accertato che “l’intervento è stato effettuato a destra in condizioni anatomiche non adeguate per il quantitativo molto limitato di tessuto osseo ed a sinistra, poiché .. la protesi era ancorata anche a pilastri naturali, tali pilastri hanno ceduto, provocando la perdita del manufatto protesico ……. Sussiste nesso di causalità tra l’attività commissiva ed omissiva – posta in essere dal convenuto e l’evento di danno, non solo economico, ma anche estetico, esistenziale e morale, arrecato alla perizianda, quantificando nella misura del 2,25 % i postumi permanenti residuati “.

Ebbene, la paziente, per il cedimento delle protesi impiantate, ha chiesto il risarcimento dei soli danni non patrimoniali che, attraverso le tabelle milanesi, vengono liquidati in euro 7.653,25 – comprensivo di personalizzazione e di danno esistenziale.

In conclusione l’Odontoiatra viene condannato al pagamento di euro 7.653,25, oltre spese di lite e di CTU.

§§§

Premesso che non si conoscono le domande, come svolte e articolate, dalla danneggiata, non pare idoneamente motivato il riconoscimento della personalizzazione del danno nella misura del 50%, e il riconoscimento del danno esistenziale.

Il Tribunale ha liquidato:

–           euro 2.659,00 per danno biologico nella misura del 2,25%

–           euro 664,75 pari al 25% del danno biologico per incremento della sofferenza soggettiva (o danno morale, secondo le nuove tabelle rivisitate dal 2021, che hanno separato il danno biologico dal danno morale)

–           euro 1.329,50 quale personalizzazione del danno biologico nella misura del 50% (personalizzazione applicata in considerazione dell’età dell’attrice e del danno anche estetico alla stessa arrecato)

–           euro 3.000,00 per danno esistenziale, che può essere verificato anche mediante presunzioni, ed è suscettibile di valutazione equitativa, trattandosi di danni tali da aver compromesso anche la vita sociale e relazionale dell’attrice (Cass. Civ.,sentenza n. 19963/2013).

In buona sostanza il danno non patrimoniale è stato “rivalutato” per 3 volte (morale, esistenziale oltre alla personalizzazione).

Il danno da lesione degli aspetti dinamico-relazionali deve essere rigorosamente provato, così come devono essere rigorosamente provate quelle condizioni del tutto eccezionali per l’ottenimento della personalizzazione. La motivazione “personalizzazione applicata in considerazione dell’età dell’attrice” è un abominio giuridico.

Una cosa è l’aspetto interiore del danno sofferto (c.d. danno morale, sub specie del dolore, della vergogna, della disistima di sé, della paura, della disperazione), altro è quello dinamico-relazionale (destinato ad incidere in senso peggiorativo su tutte le relazioni di vita esterne del soggetto).

La misura standard del risarcimento prevista dalla legge o dal criterio equitativo uniforme adottato dagli organi giudiziari di merito, può essere aumentata, nella sua componente dinamico-relazionale, solo in presenza di conseguenze dannose del tutto anomale, eccezionali ed affatto peculiari: le conseguenze dannose da ritenersi normali e indefettibili secondo l’id quod plerumque accidit (ovvero quelle che qualunque persona con la medesima invalidità non potrebbe non subire) non giustificano alcuna personalizzazione in aumento del risarcimento.

Nel caso di lesione della salute, costituisce, pertanto, duplicazione risarcitoria la congiunta attribuzione del danno biologico – inteso, secondo la stessa definizione legislativa, come danno che esplica incidenza sulla vita quotidiana del soggetto e sulle sue attività dinamico relazionali – e del danno cd. esistenziale, appartenendo tali c.d. “categorie” o “voci” di danno alla stessa area protetta dalla norma costituzionale (l’art. 32 Cost.).

Avv. Emanuela Foligno

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