Indennità da equa riparazione con riferimento all’irragionevole durata del processo in un caso di responsabilità medica (Cassazione civile, sez. II, dep. 16/05/2022, n.15572).

Indennità da equa riparazione con riferimento al giudizio per responsabilità medica protrattosi in maniera irragionevole.

Il ricorrente propone ricorso per Cassazione articolando otto censure, avverso il decreto della Corte d’Appello di Napoli del 19 marzo 2020; resiste con controricorso il Ministero della Giustizia.

Nel 2019 l’uomo adiva la Corte d’Appello di Napoli per ottenere l’indennità da equa riparazione con riferimento all’irragionevole durata del giudizio civile (dal 23 giugno 1994 al 15 maggio 2018), intrapreso dal nonno del ricorrente, ed avente ad oggetto l’accertamento della responsabilità medica e la conseguente richiesta di risarcimento in relazione alla morte della moglie.

La Corte di Napoli condannava il Ministero della Giustizia al pagamento, in favore del ricorrente, dell’importo di Euro 10.020,00 a titolo di indennità di equa riparazione ed altresì al pagamento delle spese processuali.

Avverso tale decreto l’interessato proponeva opposizione e la Corte d’appello rideterminava l’indennità di equa riparazione nella maggior somma di Euro 13.080,00.

I Giudici dell’opposizione negano, però, l’applicabilità della tabella 12, invece della tabella 8 del D.M. n. 55 del 2014, ai fini della liquidazione delle spese processuali della fase monitoria. Il decreto impugnato ha altresì rigettato la domanda volta ad ottenere la maggiorazione del 30% per il deposito di atti con modalità telematica, D.M. n. 140 del 2012, ex art. 4 comma 1-bis.

In Cassazione il ricorrente censura il decreto impugnato nella parte in cui ha fatto riferimento alla tabella 8 e non alla tabella 12 del D.M. n. 55 del 2014, ai fini della liquidazione del compenso professionale dell’Avvocato; la violazione del principio dell’effetto espansivo interno della decisione riformata; la mancata liquidazione della maggiorazione di legge sui compensi del procedimento monitorio e dei relativi esborsi.

Il primo motivo di ricorso è fondato.

La Corte d’appello di Napoli, ai fini della liquidazione dei compensi, ha distinto tra fase monitoria del procedimento per l’indennità di equa riparazione e fase di opposizione, ritenendo per le distinte fasi applicabili, rispettivamente, la tabella 8 e la tabella 12 allegate al D.M. 10 marzo 2014, n. 55, pervenendo poi alla liquidazione in favore dell’avvocato, del compenso per le due fasi pari ad Euro 2.847,51, di cui Euro 54,16 per esborsi, Euro 540,00 per compensi della fase monitoria, Euro 1.889,00 per la fase di opposizione (escludendo la voce “trattazione/istruttoria”).

Ebbene, alla liquidazione del compenso per la fase monitoria L. n. 89 del 2001, ex art. 3, del procedimento per indennità di equa riparazione,  si applica la tabella 8 del D.M. n. 55 del 2014, per i procedimenti monitori. La tabella 8, in relazione alle domande di valore da Euro 5.200,01 a Euro 26.000,00 (quale quella oggetto di causa), stabilisce il compenso unico di Euro 540,00.

Diverso ragionamento vale per l’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, la quale realizza una fase a contraddittorio pieno, da considerare quale procedimento avente natura contenziosa, cui trova perciò applicazione la tabella 12 allegata al D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Poiché l’opposizione di cui alla L. n. 89 del 2001, art. 5-ter, non introduce un autonomo giudizio di impugnazione del decreto che ha deciso sulla domanda, ma realizza una fase a contraddittorio pieno di un unico procedimento, avente ad oggetto la medesima pretesa fatta valere con il ricorso introduttivo, ove sia accolta l’opposizione proposta dalla parte privata rimasta insoddisfatta dall’esito della fase monitoria, le spese di giudizio vanno liquidate in base al criterio della soccombenza, a misura dell’intera vicenda processuale.

I parametri di determinazione del compenso per la prestazione difensiva in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale; pertanto, il Giudice è tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell’art. 2233 c.c., comma 2, il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione.

La liquidazione disposta dalla Corte di Napoli per la fase monitoria è dunque conforme ai principi richiamati per la fase sommaria, mentre non è corretta la liquidazione operata per la fase di opposizione. Inoltre, è errato che la Corte abbia negato la voce “trattazione/istruttoria”, a qual fine rilevano non solo l’espletamento di prove orali e di CTU, ma anche le ulteriori attività difensive che il D.M. n. 55 include in detta fase, tra cui pure le richieste di prova e le memorie illustrative o di precisazione o integrazione delle domande già proposte.

L’accoglimento del primo motivo comporta l’assorbimento del secondo motivo, il quale perde di immediata rilevanza decisoria, mentre gli ulteriori motivi vengono dichiarati infondati.

La redazione giuridica

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