Accertata in capo alla proprietaria dell’immobile la responsabilità per custodia; oltretutto, il fatto che sia emersa dalla fase istruttoria anche una certa pericolosità dello stato dei luoghi, fa sorgere anche una responsabilità anche ex art. 2043 c.c. (Tribunale di Novara, Sentenza n. 654/2021 del 27/10/2021-RG n. 1763/2019)

Gli attori citano a giudizio la proprietaria dell’immobile di cui erano conduttori onde ottenerne la condanna al ristoro dei danni patiti a seguito dell’incendio con feriti che divampava all’interno della proprietà locata.

La fase istruttoria ha confermato le allegazioni degli attori. In primo luogo, dal rapporto dei Vigili del Fuoco si legge “dalle faville di fuliggine che uscivano dalle due canne fumarie delle stufe a pellet posizionate all’interno del comignolo, che colpendo il cappello dello stesso ricadevano all’interno finendo tra le fessure della coibentazione e i travetti. Il comignolo in laterizio poggiava la base sui travetti in legno e la coibentazione del tetto”.

Anche sotto il profilo del quantum, parte attrice ha versato in atti documentazione idonea a supportare la domanda (vedi – in particolare – il doc. 5, che – pur trattandosi di perizia di parte e, quindi, “mera allegazione” – appare alquanto dettagliata e soprattutto supportata da idonea documentazione, quale listini prezzi, scontrini, fatture ecc.); inoltre, sia il rapporto di intervento dei Vigili del Fuoco, sia le prove testimoniali hanno confermato l’entità dei danni e la vastità dell’incendio.

Parte convenuta, non ha specificatamente contestato quanto ex adverso allegato.

Al riguardo il Tribunale osserva che l’onere di contestazione – con il relativo corollario del potere -dovere del Giudice di ritenere non bisognosi di prova i fatti non specificatamente contestati – e così espunti dal thema probandum – è divenuto principio generale che informa di sé l’intero sistema processuale civilistico; principio che affonda le proprie radici non solo nel dettato degli artt. 167 e 416 c.p.c., nonché nel novellato art. 115 c.p.c., bensì, più in generale, nel carattere tipicamente dispositivo e dialettico proprio di ogni sistema processuale, nel dovere di lealtà e probità posto a carico delle parti dall’art. 88 c .p.c. (che impone loro di collaborare sin dalle prime battute processuali per individuare il tema controverso, rifuggendo atteggiamenti scientemente defatiganti, ostruzionistici, pretestuosi ovvero semplicemente negligenti) ed infine, ma soprattutto, nel generale principio di economia che deve sempre informare di sé il processo, in ogni sua piega, tanto più alla luce del novellato art. 111 Cost.

A ciò aggiungasi che la convenuta non ha svolta attività processuale difensiva (né depositando le memorie ex art. 183, VI comma, cpc, né comparendo all’udienza di precisazione delle conclusioni), e da tale comportamento il Giudicante può trarre elementi di prova ai sensi dell’art. 116 cpc.

Ciò posto, l’unica possibilità per poter escludere la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c., sarebbe stata la dimostrazione di un caso fortuito, o di una piena prova della colpa del danneggiato.

Peraltro, l’onere probatorio circa i suddetti elementi eventualmente capaci di recidere il nesso tra la cosa e l’evento non è stato assolto dalla parte convenuta che si è limitata a sostenere che l’incendio con feriti è stato causato dal surriscaldamento di una lampada alogena.

A conferma, costante orientamento Giurisprudenziale afferma: “In tema di responsabilità da cosa in custodia, la presunzione stabilita dall’art. 2051 c.c., presuppone la dimostrazione dell’esistenza del nesso causale tra cosa in custodia e fatto dannoso. Il comportamento del custode è estraneo alla struttura della menzionata norma codicistica, laddove il fondamento della sua responsabilità va ricercato nel rischio che grava su di lui per i danni prodotti dalla cosa che non dipendano da caso fortuito … atteso che l’ente non aveva fornito la prova del caso fortuito … “.

La responsabilità da cose in custodia può essere applicata, sia nel caso in cui la cosa sia dotata di dinamismo proprio, sia nel caso di una cosa inerte.

Un evento è da considerare causato da un altro se, ferme restando le altre condizioni, il primo non si sarebbe verificato in assenza del secondo (c.d. teoria della condicio sine qua non)”.

Tuttavia, il rigore del principio dell’equivalenza delle cause, posto dall’art. 41 c.p., in base al quale, se la produzione di un evento dannoso è riferibile a più azioni od omissioni, deve riconoscersi ad ognuna di esse efficienza causale, trova il suo temperamento nel principio di causalità efficiente, desumibile dal capoverso della medesima disposizione, in base al quale l’evento dannoso deve essere attribuito esclusivamente all’autore della condotta sopravvenuta, solo se questa condotta risulti tale da rendere irrilevanti le altre cause preesistenti, ponendosi al di fuori delle normali linee di sviluppo della serie causale già in atto....

Applicando tali principi al caso concreto, può rinvenirsi in capo alla proprietaria dell’immobile la responsabilità per custodia.; oltretutto, il fatto che sia emersa dalla fase istruttoria anche una certa pericolosità dello stato dei luoghi, sarebbe ipotizzabile parallelamente una responsabilità anche ex art. 2043 c.c.

Conclusivamente, il Tribunale dichiara la responsabilità della convenuta proprietaria dell’immobile per il sinistro avvenuto il 30.10.2017, per tutti i danni provocati agli attori e la condanna al pagamento della somma di euro 7.283,40.

Le spese di lite, liquidate in euro 4.835,00, oltre rimborso forfetario e oneri, vengono poste in capo alla parte convenuta.

Avv. Emanuela Foligno

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