Per la Fondazione GIMBE, che rilancia le conclusioni di uno studio del Centre for Evidence-Based Medicine di Oxford, i check up generici aumentano il rischio di sovra-diagnosi e sovra-trattamento, oltre a determinare uno spreco di risorse pubbliche e private

“Non esistono convincenti evidenze per supportare l’utilizzo dei check-up generici nell’ambito delle cure primarie. Non sembrano efficaci nel modificare esiti di salute rilevanti e non esistono evidenze di elevata qualità a supporto della loro costo-efficacia, in particolare se confrontati con le modalità standard di cure primarie”. E’ quanto affermano i ricercatori del Centre for Evidence-Based Medicine di Oxford. Il ’verdetto’, pubblicato sulla rivista BMJ Evidence-based Medicine, è rilanciato in Italia dalla Fondazione GIMBE.

I check-up periodici con comuni test di laboratorio (esami del sangue) e strumentali sono estremamente diffusi in tutti i paesi industrializzati e quasi sempre a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).  Le evidenze scientifiche, tuttavia, suggeriscono – sottolinea la Fondazione in una nota – che nella popolazione generale i check-up, lungi dal migliorarne lo stato di salute, possono peggiorarlo in conseguenza di fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento, determinando al tempo stesso uno spreco di risorse sia pubbliche che private.

“Digitando su Google la parola “check-up” – afferma il presidente GIMBE Nino Cartabellotta – la ricerca restituisce innumerevoli siti web che offrono ‘pacchetti’ di test diagnostici proponendoli come insostituibile strumento di prevenzione e diagnosi precoce”.

In questo modo, alla popolazione sana viene trasmesso un messaggio al tempo stesso anti-scientifico e consumistico: frequenti e completi check-up generici aumentano la probabilità di migliorare la salute in quanto consentono la diagnosi precoce e il successivo trattamento di malattie asintomatiche, in particolare tumori.

“Tali ‘pacchetti’ – precisa Cartabellotta – vengono proposti soprattutto da chi in sanità genera profitti, ovvero centri medici privati, compagnie assicurative e fondi sanitari, con una terminologia più consona ad un catalogo commerciale che alla tutela della salute: per uomo e per donna, base, avanzato, plus. Tuttavia, è inaccettabile che alcune Regioni abbiano deliberato la possibilità per le aziende sanitarie di promuovere check-up a pagamento, che peraltro includono screening oncologici già inclusi nei livelli essenziali di assistenza”.

Lo studio dei ricercatori di Oxford si basa sull’ultima revisione sistematica Cochran, che ha valutato benefici e rischi dei check-up definiti come “l’esecuzione di test diagnostici per più di una malattia o fattore di rischio in più di un organo o un apparato”.

“Sostanzialmente – prosegue il Presidente GIMBE – si tratta di un periodico “tagliando” effettuato con l’inverosimile obiettivo di identificare tutte le malattie in tutte le persone tramite esami strumentali non invasivi (elettrocardiogramma, radiografia del torace, ecografia addominale) e test di laboratorio (emocromo, esame delle urine, glicemia, test di funzionalità renale, epatica, tiroidea, profilo lipidico)”.

La revisione Cochrane include 17 studi clinici randomizzati di cui 15 riportano dati relativi ad oltre 250.000 partecipanti. I risultati dimostrano che i check-up non riducono la mortalità totale né quella per tumori e non hanno un impatto significativo su mortalità cardiovascolare, ictus e infarto fatale e non fatale. Nonostante alcuni limiti metodologici e di generalizzabilità rilevati dagli autori, questi risultati sono coerenti con quelli di altre revisioni, in particolare relative all’ambito delle cure primarie.

“Peraltro la revisione Cochrane – aggiunge ancora Cartabellotta – non valuta l’impatto clinico ed economico della sovra-diagnosi (overdiagnosis), vera epidemia del 21° secolo: l’utilizzo inappropriato di test diagnostici sempre più sensibili, infatti, porta ad etichettare come malate persone il cui stadio di malattia è troppo precoce, molto lieve e/o non evolutivo, generando a cascata ulteriori approfondimenti diagnostici e trattamenti non necessari che configurano il fenomeno del sovra-trattamento (overtreatment)”.

In queste situazioni test diagnostici invasivi e trattamenti non necessari possono generare effetti avversi anche gravi, oltre che aumentare i costi sanitari.

I ricercatori di Oxford sottolineano l’inutilità dei check-up rispetto all’efficacia e costo efficacia di numerosi interventi di prevenzione primaria: attività fisica, educazione alimentare, disassuefazione al fumo, riduzione del consumo di alcool.

“Le evidenze scientifiche – conclude il Presidente GIMBE – dimostrano che è ormai indifferibile una presa di coscienza professionale, sociale e politica che nelle persone sane i check-up periodici non determinano alcun beneficio in termini di salute, possono peggiorarla in conseguenza dei fenomeni di sovra-diagnosi e sovra-trattamento e consumano preziose risorse che potrebbero essere reinvestite in strategie di prevenzione primaria più efficaci e costo-efficaci, in Italia ampiamente sotto-finanziate e sotto-utilizzate”.

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