Nelle azioni di classe i consumatori e gli utenti possono aderire anche tramite fax e posta elettronica, senza l’osservanza di particolari formalità

La vicenda trae origine dal ricorso di class action presentato da alcuni correntisti di un noto istituto di credito, per contestare la nullità delle clausole relative alle commissioni di massimo scoperto operate sui loro conto correnti.

In primo grado, il Tribunale di Torino accolse l’istanza e, dopo aver dichiarato la nullità delle predette clausole, condannò la banca a restituire agli attori (tre) e agli aderenti (in tutto sei) gli importi da ciascuno richiesti come somme indebitamente trattenute.

La decisione fu confermata in appello, anche nella parte in cui escludeva la partecipazione dei 101 aderenti alla medesima azione di classe, in ragione della mancata autenticazione delle firme da parte di enti certificatori di cui al D.P.R. n. 445 del 2000, nelle forme richieste nell’ordinanza del giudice di primo grado.

Ebbene, il punto è stato specificamente affrontato dai giudici della Prima Sezione Civile della Cassazione nella sentenza in commento (n. 12997/2019).

Nel richiedere l’autenticazione delle sottoscrizioni degli aderenti “nelle forme e a cura dei soggetti previsti dal D.P.R. n. 445 del 2000”, il Tribunale di Torino aveva imposto una formalità di adesione non prescritta dalla legge, venendo quindi a frustrare la ratio di massima informalizzazione della procedura perseguita dal legislatore.

La deformalizzazione delle adesioni

Ed infatti, «ben diverso rispetto alla firma digitale – è la PEC (Posta elettronica certificata) che rappresenta un mezzo per inviare email conferendo valore legale agli allegati ed ai messaggi, mentre la firma digitale è un mezzo elettronico con cui ad un documento elettronico si appone la propria firma, che sostituisce con valore legale la firma autografa»; (…) è evidente, dunque, che se il legislatore nella class action ha inteso richiedere solo la posta elettronica certificata o il fax (come modalità di spedizione dell’adesione sostitutive del deposito in cancelleria), e non la firma digitale, è perché non ha ritenuto essenziale prescrivere, ai fini della validità dell’adesione, l’autenticità della firma (come aveva, invece, ingiustificatamente prescritto il Tribunale di Torino).

Del resto, lo stesso legislatore, nei casi in cui ha ritenuto essenziale l’autenticità della sottoscrizione – come nell’art. 83 c.p.c., in tema di procura alle liti, ove ha prescritto la firma digitale – l’ha richiesto espressamente.

In definitiva, i giudici Ermellini hanno accolto il ricorso incidentale presentato dai promotori della class action, statuendo che:  “Nelle azioni di classe introdotte a norma dell’art. 140 bis cod. cons., i consumatori e gli utenti possono aderire a tali azioni anche tramite fax e posta elettronica, senza l’osservanza di particolari formalità, con la conseguenza che la sottoscrizione degli aderenti non deve essere autenticata con le modalità e a cura dei soggetti di cui al D.P.R. n. 445 del 2000”.

La redazione giuridica

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