Colectomia totale inutilmente eseguita perché basata su una diagnosi non corretta (Corte d’Appello di Milano, Sentenza n. 2896/2021 del 07/10/2021).

Colectomia totale è stata inutilmente demolitivo e ben poteva essere sostituito da approcci  terapeutici di carattere conservativo. Nel giudizio di primo grado, veniva accolta la domanda della paziente, veniva liquidato l’importo di € 103.596 ,00 euro a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale .

La Struttura interpone appello per erronea motivazione ed errata interpretazione della CTU ; in particolare, sostiene che il Giudice non valutava la pregressa storia clinica dell’appellata, alla quale era già stato diagnostico il ” megacolon congenito ” all’età di 17 anni nel 1984 ; sottolineava che la stessa si era rivolta alla Struttura solo a seguito del fallimento delle precedenti terapie effettuate e che il secondo intervento (colectomia totale) effettuato nel gennaio 2014 , fosse indispensabile posto che ogni altro trattamento farmacologico, come aveva già dimostrato la lunga storia della paziente, fosse destinato a fallire; deduce inoltre che negli anni a venire veniva diagnosticata al figlio della paziente la malattia genetica CIPO, e che pertanto gli interventi effettuati anni prima sulla stessa le avessero, invero, salvato la vita; chiede rinnovo della CTU o riconvocazione a chiarimenti del Collegio.

La Corte non ritiene fondate le doglianze.

L’appellante sostiene che il Giudice di prime cure abbia recepito acriticamente le risultanze di una CTU “lacunosa e contraddittoria” ; al contrario, la Corte osserva come la consulenza espletata in sede di ATP, e posta a fondamento della decisione di primo grado, risulti precisa , completa e priva di contraddittorietà.

Il CTU ha replicato alle osservazioni dei CTP , ai quali ha fornito risposta nella relazione finale con una chiara ed univoca interpretazione delle scelte assunte dai sanitari .

Si legge nell’elaborato:

–           Il 4. 03.2013 la ricorrente veniva ricoverata presso la Struttura con diagnosi di megacolon congenito (Malattia di Hirschprung); la diagnosi risulta all’epoca correttamente formulata sulla base di un esame istologico eseguito nel 1984, dal quale risulta aganglia a livello del retto;

–           il 15.3.2013 veniva sottoposta ad intervento di ” resezione anteriore di retto e sigmoidectomia con confezionamento di ileostomia laterale di protezione”  ; dall’anamnesi risultava che da sempre lamentasse stipsi; e dall’intervento in laparoscopia, si evidenziava un quadro di distensione di tutto il colon, soprattutto del sigma e una situazione di abnorme fissità dell’intestino con mobilità abnorme del cieco e del colon destro ;

–           All’esame istologico della sezione di parete del grosso intestino asportata risultavano ” gangli e strutture neurali normo rappresentanti ” ;  quest’ultimo dato non confermava la diagnosi di Malattia di Hirschprung, essendosi riscontrata la presenza di gangli nel pezzo anatomico asportato….(..).. l’intervento chirurgico è stato eseguito sulla base di una diagnosi non corretta, tale conclusione solo sulla base di un giudizio ex post , difatti ” una verifica del reperto istologico con nuova biopsia sarebbe stata giustificata solo in presenza di un quadro sintomatologico e strumentale non congruo con diagnosi di Hirschprung, cosa che così non era; un nuovo accertamento non era mandatorio, né vi sono linee guida che lo prevedano “.

–           Il decorso operatorio fu regolare e la paziente veniva pertanto dimessa;

–           Il 13.12.2013 la donna veniva nuovamente ricoverata presso la Chirurgia per “ricanalizzazione intestinale in esiti di resezione di sigma retto e confezionamento di ileostomia per megacolon congenito “;

–           – Il 25.12.2013 la paziente si presentava al pronto soccorso per addominoalgia e dopo essere stata trattenuta in osservazione, veniva dimessa con indicazioni;

–           Il 9.1.2014 avveniva un nuovo ricovero presso la Chirurgia “per sub -occlusione in esiti di resezione sigma -retto “; in sede di anamnesi prossima veniva riportata la presenza di “stipsi -ostinata”;

–           In tale fase era ormai certo che la paziente non soffrisse di malattia di Hirschprung

–           In data 27. 01.2014 veniva eseguito un intervento di colectomia totale restaurativa “, con confezionamento di ileostima laterale di protezione per stipsi ostinata” .

Ebbene, per quanto concerne il suddetto intervento del 27.1.2014 , dall’esame della cartella clinica della paziente, il CTU ha evidenziato “che non emergono le motivazioni che hanno portato i chirurghi ad effettuare l’intervento di colectomia totale, trattamento che richiedeva maggiore riflessione ovvero motivazione, ” trattandosi di una soluzione chirurgica che, con notevole impatto sulla qualità della vita, avrebbe dovuto essere ridiscusso con la paziente”.

La miglior pratica clinica, osserva la Corte allineandosi alle conclusioni della CTU, avrebbe richiesto iniziali approcci di carattere conservativo (farmacologia, dieta), riservando la demolizione chirurgica della colectomia totale in un secondo tempo solo in presenza di persistente sintomatologia disfunzionale intestinale.

Condivise appieno, quindi, le conclusioni a cui è giunto il Giudice di primo grado sul punto, ossia che l’intervento del 27. 01.2014 non era giustificato.

Il 22.05.2014 la paziente veniva sottoposta a un nuovo intervento chirurgico finalizzato alla ” chiusura di ileostimia di protezione “; all’ intervento seguiva la complicanza della deiscenza anastomotica.

Nel caso concreto, i CTU hanno chiaramente indicato che: ”  non sono disponibili elementi di carattere prognostico che permettano di stabilire se un trattamento conservativo avrebbe permesso il sufficiente recupero anatomo -funzionale atto ad evitare la chirurgia demolitiva di colectomia totale, che avrebbe potuto rappresentare una necessità chirurgica seppur, successiva a precedente conservativa “.

Alla luce di quanto sopra, le lesioni subite dalla paziente, avrebbero potuto essere, se non del tutto evitate, quantomeno posticipate. Per tale ragione viene confermata la responsabilità della Struttura, come acclarato in primo grado.

Avv. Emanuela Foligno

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