Collisione con un capriolo, la responsabilità è della Regione

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collisione con un capriolo

Accolto il ricorso dell’Amministrazione provinciale contro la condanna al risarcimento dei danni subiti da un automobilista a causa di una collisione con un capriolo

Con l’ordinanza n. 3023/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un’Amministrazione provinciale contro la decisione dei Giudici del merito di condannarla al risarcimento dei danni subiti da un automobilista a causa della collisione con un capriolo su una strada statale.

Il Tribunale aveva affermato, in linea di principio e in adesione ad un diffuso orientamento, che ha trovato a lungo seguito anche nella giurisprudenza di legittimità – che per i danni causati dalla fauna selvatica non sarebbe applicabile la fattispecie speciale di imputazione della responsabilità prevista dall’art. 2052 c.c., onde opererebbero esclusivamente i principi generali della responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2043 c.c., anche in tema di onere della prova della condotta colposa ascrivibile all’ente pubblico convenuto.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, la convenuta censurava la decisione impugnata sia in relazione alla propria individuazione come ente passivamente legittimato, sul piano sostanziale, a rispondere dei danni riportati dall’attrice, sia in relazione all’accertamento della sussistenza di una propria condotta colposa, causalmente rilevante in relazione ai suddetti danni, quale soggetto pubblico titolare delle funzioni di controllo e gestione della fauna selvatica nell’area in cui era avvenuto l’incidente.

A detta dell’Amministrazione, in particolare, il giudice del merito avrebbe sostanzialmente utilizzato un diverso criterio di imputazione della responsabilità, facendo erroneamente gravare su di essa l’onere della prova del caso fortuito e, in particolare, dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità della presenza dell’animale selvatico sulla carreggiata: in tal modo, nei fatti, il tribunale avrebbe in realtà finito per applicare proprio il criterio di imputazione della responsabilità previsto dalla disposizione (art. 2052 c.c.) che in linea di principio aveva affermato non essere operante nel caso di specie. In tale contesto, avrebbe inoltre erroneamente individuato essa amministrazione convenuta come l’ente pubblico deputato all’amministrazione del territorio nonché alla gestione, custodia e sorveglianza degli animali selvatici, come tale legittimato passivo nelle azioni di responsabilità per i danni causati da detti animali.

La Suprema Corte ha ritenuto fondati i motivi di doglianza.

Gli Ermellini – a prescindere dalla questione del corretto criterio di imputazione della responsabilità da applicare con riguardo ai danni causati dalla fauna selvatica ed effettivamente utilizzato dal giudice del merito – ai fini della controversia in esame hanno ritenuto che assumesse rilievo assorbente la circostanza che, nell’individuare l’amministrazione provinciale quale legittimata passiva sul piano sostanziale, la decisione impugnata risultava difforme dai principi di diritto recentemente affermati dalla Cassazione stessa e in base ai quali:

  • “i danni cagionati dalla fauna selvatica sono risarcibili dalla P.A. a norma dell’art. 2052 c.c., giacché, da un lato, il criterio di imputazione della responsabilità previsto da tale disposizione si fonda non sul dovere di custodia, ma sulla proprietà o, comunque, sull’utilizzazione dell’animale e, dall’altro, le specie selvatiche protette ai sensi della L. n. 157 del 1992 rientrano nel patrimonio indisponibile dello Stato e sono affidate alla cura e alla gestione di soggetti pubblici in funzione della tutela generale dell’ambiente e dell’ecosistema”;
  • “nell’azione di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici, a norma dell’art. 2052 c.c., la legittimazione passiva spetta in via esclusiva alla Regione, in quanto titolare della competenza normativa in materia di patrimonio faunistico, nonché delle funzioni amministrative di programmazione, di coordinamento e di controllo delle attività di tutela e gestione della fauna selvatica, anche se eventualmente svolte – per delega o in base a poteri di cui sono direttamente titolari – da altri enti; la Regione può rivalersi (anche mediante chiamata in causa nello stesso giudizio promosso dal danneggiato) nei confronti degli enti ai quali sarebbe in concreto spettata, nell’esercizio di funzioni proprie o delegate, l’adozione delle misure che avrebbero dovuto impedire il danno”;
  • “in materia di danni da fauna selvatica a norma dell’art. 2052 c.c., grava sul danneggiato l’onere di dimostrare il nesso eziologico tra il comportamento dell’animale e l’evento lesivo, mentre spetta alla Regione fornire la prova liberatoria del caso fortuito, dimostrando che la condotta dell’animale si è posta del tutto al di fuori della propria sfera di controllo, come causa autonoma, eccezionale, imprevedibile o, comunque, non evitabile neanche mediante l’adozione delle più adeguate e diligenti misure – concretamente esigibili in relazione alla situazione di fatto e compatibili con la funzione di protezione dell’ambiente e dell’ecosistema – di gestione e controllo del patrimonio faunistico e di cautela per i terzi”.

Nella specie risultava dunque assorbente la considerazione che l’amministrazione provinciale – diversamente da quanto affermato dal tribunale – certamente non era il soggetto legittimato passivo (sul piano sostanziale) nelle azioni di risarcimento del danno cagionato da animali selvatici, essendo tale soggetto comunque da individuare in via esclusiva nella Regione (che nella specie non risultava neanche convenuta in giudizio), anche a prescindere dal criterio giuridico di imputazione della responsabilità.

La redazione giuridica

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