Il concetto di “causa a se non imputabile” non può ricomprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte, come in caso di consenso informato smarrito

Era stato sottoposto a un intervento chirurgico postraumatico per cataratta a occhio sinistro con rimozione e sostituzione del cristallino. Dall’operazione, oltre a complicazioni infettive, era derivata “una grave compromissione del visus”. Il paziente, pertanto, aveva chiesto la condanna del medico oculista e della struttura al risarcimento del danno per responsabilità professionale da colpa medica. Inoltre aveva accusato i convenuti per la violazione del suo diritto all’autodeterminazione, non avendo preventivamente prestato il consenso informato.

La domanda era stata accolta in primo grado dal Tribunale ma in sede di appello la sentenza era stata riformata. La Corte territoriale aveva infatti ritenuto di escludere sia la mancanza di consenso informato, sia la responsabilità del medico e della struttura per i danni subiti dall’attore. Il tutto sulla base delle prove documentali ammesse in appello.

Il paziente aveva quindi presentato ricorso davanti alla Suprema Corte di Cassazione.  Tra gli altri motivi, lamentava l’ammissione in giudizio da parte del Giudice a quo della dichiarazione contenente il consenso informato. In base all’art. 345 c.p.c., infatti, in sede di appello “non sono ammessi nuovi mezzi di prova e non possono essere prodotti nuovi documenti”. Fa eccezione il caso in cui “la parte dimostri di non aver potuto proporli o produrli nel giudizio di primo grado per causa ad essa non imputabile”.

La Suprema Corte, con la sentenza n. 15762/2018, ha ritenuto fondato il ricorso, cassando la pronuncia impugnata con rinvio alla Corte d’Appello.

Gli Ermellini hanno osservato infatti che l’ammissione della prova documentale tardivamente versata in atti fosse fondata sul “temporaneo smarrimento del documento che sarebbe stato inserito per errore in altra cartella clinica”.

Per il Collegio, tuttavia, il concetto di “causa a se non imputabile” deve essere ricondotto a ragioni ascrivibili a circostanze estranee alla sfera di controllo dell’interessato. Esso non può essere dilatato sino a ricomprendere fatti dipendenti dalla negligenza organizzativa della parte. Ciò è vero soprattutto nei casi, che interessano struttura sanitaria e medico in essa operante. Situazioni in cui in cui la “buona organizzazione” dovrebbe essere uno dei tratti caratterizzanti della professionalità in discussione.

Nel caso in esame la ragione allegata a sostegno della tardiva produzione non poteva certamente configurare un impedimento “non imputabile alla parte onerata”. Esso doveva essere ascritto a una negligente conservazione della documentazione clinica che non poteva che essere imputata alla struttura sanitaria e al medico interessato. Non erano mai state allegate, infatti, specifiche e peculiari ragioni rinvenibili in cause di forza maggiore o in fatti estranei al loro operato.

 

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