Contagio da Covid-19, c’è responsabilità della Repubblica Popolare Cinese?

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Danni da contagio Covid-19: non c’è giurisdizione italiana per l’asserita responsabilità della Repubblica Popolare Cinese (Cassazione Civile, Sezioni Unite, 11 giugno 2024 n 16136).

Una donna italiana ritiene responsabile la Repubblica Popolare Cinese per i danni da contagio Covid-19. Sussiste difetto di giurisdizione italiana come conseguenza della regola dell’immunità rispetto agli atti iure imperii dello Stato straniero non preordinati alla lesione di diritti fondamentali della persona, come quelli posti in essere, più che altro in forma omissiva, dagli organi di governo cinesi durante la pandemia.

Il caso

La donna deduceva che nel 2020 era deceduta sua madre a seguito del contagio da Covid-19 e che anche ella si era ammalata, essendo stata ricoverata e sottoposta ad intubazione. Deduceva che il 31 dicembre 2019 le autorità sanitaria della Repubblica Popolare Cinese avevano comunicato all’OMS l’esistenza di alcuni casi di polmonite a eziologia non nota nella città di Wuhan e che il 22 gennaio 2020, detta città, a seguito del diffondersi della patologia, era stata posta in stato di quarantena. Assumeva che in realtà i casi di polmonite da Covid-19 si erano manifestati in data ben anteriore a quella della comunicazione all’OMS, e che quindi si ravvisava, come da informazioni giornalistiche, un ritardo nella comunicazione.

Secondo la tesi della donna, era quindi da reputare che la diffusione del virus era da far risalire a una data anteriore a quella in cui si era invece attivata. E che quindi prima della comunicazione ufficiale vi era stato il tentativo di impedire la diffusione di notizie e informazioni di quanto stava accadendo in Cina, con l’occultamento di una situazione sanitaria di gravità ben maggiore di quella rappresentata.

La responsabilità della convenuta, secondo la donna, andava affermata per la violazione degli obblighi scaturenti dal Regolamento Sanitario Internazionale che ha imposto ai singoli stati aderenti, tra cui anche la Repubblica Popolare di Cina, di valutare gli eventi verificatisi nel proprio territorio e incidenti sulla sanità, provvedendo alla notifica di quelli di potenziale interesse, anche con causa o fonte sconosciuta, all’OMS, entro 24 ore dalla valutazione.

Nella contumacia della convenuta, avendo il Giudice adito invitato l’attrice a riferire sulla questione di giurisdizione, la donna ha proposto ricorso per regolamento preventivo di giurisdizione ex art. 41 c.p.c.

Il difetto di giurisdizione

La Corte ha dichiarato il difetto di giurisdizione del Giudice italiano sulla domanda proposta, riconoscendo l’immunità in favore della convenuta, evidenziando che le regole internazionali sull’immunità rivelano la struttura paritetica dell’ordinamento internazionale, di cui è espressione il principio “par in parem non habet iurisdictionem”, legato all’uguaglianza sovrana tra Stati, che impone a ogni Stato di garantire agli altri Stati l’immunità dinanzi alle proprie corti interne.

La Convenzione europea sull’immunità degli Stati del 1972 e la Convenzione ONU del 2004 sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, prevedono che l’immunità non si applichi a una serie di attività, tra le quali figurano quelle di tipo commerciale. La distinzione tra atti iure imperii e iure gestionis costituisce patrimonio acquisito nella giurisprudenza delle Sezioni Unite che hanno riconosciuto la giurisdizione anche di fronte ad azioni intentate verso Stati esteri ove erano in discussione solo profili di carattere patrimoniale, slegate dall’esercizio di potestà pubblicistiche.

L’intervento delle Sezioni Unite

Per le Sezioni Unite, investite della questione, la maggior parte delle circostanze di fatto sulle quali si basa la domanda dell’attrice non sono oggetto di accertamenti di fatto muniti di assoluta attendibilità, rispondendo piuttosto a informazioni giornalistiche e a personali ricostruzioni, sulle quali non può dirsi formato un unanime convincimento anche da parte della comunità scientifica, ritenendo, quindi, che le condotte, anche omissive, che fonderebbero la responsabilità della Repubblica Popolare di Cina, sono espressive di attività cd. iure imperii.

Le Sezioni Unite avevano infatti ritenuto spettare alla cognizione del Giudice amministrativo la domanda di condanna della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Ministero della Salute al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla compressione dei diritti fondamentali attuata durante l’emergenza pandemica e fondata sulla pretesa inadeguatezza della gestione e organizzazione del servizio sanitario nazionale, rientrando nella sua giurisdizione esclusiva le controversie relative all’esercizio del potere amministrativo discrezionale concernente la gestione e l’organizzazione di un servizio pubblico (Cass. S.U. n. 18540/2023).

Le Sezioni Unite hanno rapportato tali principi al caso esaminato, osservando che emerge come le condotte, asseritamente idonee a ingenerare la responsabilità dello Stato estero, siano da ricollegare all’esercizio di potestà pubblicistiche, e ciò anche ove gli si imputi l’inerzia nel dare attuazione ad impegni assunti sul piano internazionale, confortando la soluzione circa il difetto di giurisdizione.

Avv. Emanuela Foligno

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