In caso di contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza vale la regola della prevalenza del dispositivo (Corte di Cassazione, III penale, sentenza 3 ottobre 2024, n. 36768).
Il Tribunale di Palermo aveva condannato l’imputato alla pena di un mese di arresto, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 674 cp (getto di cose pericolose).
Con sentenza resa in data 15 dicembre 2023, la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, riduceva la pena a carico dell’imputato nella misura di 15 giorni di arresto, confermando nel resto.
L’imputato presenta ricorso per cassazione, sollevando un solo motivo. La difesa fa notare un contrasto tra dispositivo e motivazione di sentenza: nel primo, all’imputato viene inflitta una pena di 15 giorni di arresto, mentre nella motivazione si afferma che al ricorrente può essere comminata solo una pena pecuniaria, da stabilirsi in 100 euro di ammenda. Questa seconda affermazione risulta coerente con il percorso logico e valutativo seguito dalla Corte territoriale.
Il ricorso è fondato.
Contrasto tra dispositivo e la motivazione della sentenza
In presenza di un contrasto tra dispositivo e motivazione della sentenza, la regola secondo cui prevale il dispositivo – che rappresenta l’immediata espressione della volontà del Giudice – non è assoluta. Essa deve essere bilanciata tenendo conto del caso specifico e della valutazione degli elementi contenuti nella motivazione. Quest’ultima, infatti, mantiene la sua funzione di spiegare e chiarire le ragioni della decisione e può includere elementi certi e logici che possano far ritenere errato il dispositivo o una sua parte.
Per tale ragione la Cassazione annulla la sentenza limitatamente al trattamento sanzionatorio e demanda al Giudice del rinvio, ossia altra Sezione della Corte di appello di Palermo, la risoluzione del contrasto tra dispositivo e motivazione di sentenza, che non può essere definita in Cassazione con la sicura prevalenza del primo o della seconda.
Incerte l’entità e la modalità dell’affievolimento sanzionatorio
Se è pacifica la volontà del Giudice di secondo grado di affievolire la pena irrogata dal primo Giudice all’imputato in ordine al reato a lui ascritto, punito con la pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda, sono tuttavia incerte l’entità e la modalità di tale affievolimento sanzionatorio, atteso che la pena iniziale di 30 giorni di arresto è stata ridotta a 15 giorni di arresto nel dispositivo e a 100 euro di ammenda nella motivazione, nella quale la Corte di appello ha spiegato di ritenere congrua la sola pena pecuniaria nella misura prima indicata “avuto riguardo alla complessiva entità dei fatti”.
Oltre a ciò, la motivazione della sentenza non sembra del tutto univoca in senso favorevole all’imputato. Atteso che a questi sono state negate sia le attenuanti generiche, sia la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cp, sia la sospensione condizionale della pena, dato questo tuttavia di per sé non decisivo, né incompatibile tanto con una riduzione della pena detentiva, quanto con l’applicazione della pena pecuniaria prevista in via alternativa dalla norma incriminatrice, venendo in rilievo apprezzamenti tra loro non sovrapponibili.
Conclusivamente, in presenza di questo contrasto, il Giudice del rinvio deve valutare coerentemente l’entità della mitigazione della pena operata nei confronti dell’imputato. Rispetto al quale va in ogni caso dichiarata l’irrevocabilità del giudizio di colpevolezza in ordine al reato a lui ascritto, in assenza di censure in ordine all’affermazione di responsabilità, con conseguente irrilevanza della prescrizione del reato eventualmente sopravvenuta.
Avv. Emanuela Foligno