Il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi previdenziali dei professionisti, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento. Lo ha, di recente, chiarito la Corte di Cassazione con la sentenza n. 9270/2019

La vicenda

La Corte d’appello di Potenza aveva rigettato l’opposizione proposta da un professionista alla cartella esattoriale con la quale l’INPS aveva chiesto il pagamento di contributi previdenziali relativi all’anno 2004, a seguito dell’iscrizione d’ufficio, alla Gestione separata.
Ad avviso, della corte territoriale, diversamente da quanto sostenuto dal primo giudice, la prescrizione quinquennale della pretesa creditoria, eccepita dal professionista, non era intervenuta, dovendo essere individuato il dies a quo di decorrenza, non nel termine stabilito dalla legge di scadenza per il pagamento dei contributi (giugno 2005, nel caso di specie), ma nella data di presentazione della dichiarazione dei redditi (ottobre 2005); sicché la richiesta formale di pagamento di detti contributi notificata nell’agosto del 2010, aveva validamente interrotto il termine quinquennale di prescrizione che, alla data di notifica della impugnata cartella esattoriale (aprile 2011) non era nuovamente decorso.
Sul ricorso del libero professionista, il quale sosteneva che il decorso del termine di prescrizione deve essere individuato nel momento in cui il diritto può essere fatto valere, la vicenda è giunta in Cassazione.

La pronuncia della Cassazione

Ebbene, i giudici Ermellini, nell’accogliere il ricorso così formulato, hanno ricordato che in tema di contributi cd. “a percentuale”, il fatto costitutivo dell’obbligazione contributiva è costituito dall’avvenuta produzione, da parte del lavoratore autonomo, di un determinato reddito ai sensi dell’art. 1 comma 4 della legge n. 233/1990, quand’anche l’efficacia del predetto fatto sia collegata ad un atto amministrativo di ricognizione del suo avveramento.
Ne consegue che il momento di decorrenza della prescrizione dei contributi in questione, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 335 del 1995, deve identificarsi con la scadenza del termine per il loro pagamento e non con l’atto, eventualmente successivo – ed avente solo efficacia interruttiva della prescrizione, anche a beneficio dell’INPS – con cui l’Agenzia delle Entrate abbia accertato, ex art. 1 del D.Lgs. n. 462/1997 un maggior reddito (Cass. n. 19640/2018).
Del pari, manifestamente infondata era la tesi fatta valere dall’INPS ed accolta dalla corte territoriale, secondo la quale il diritto ai contributi a percentuale sul reddito, sarebbe sorto solo quando l’Istituto aveva avuto contezza del suo credito e cioè solo dopo la dichiarazione dei redditi dell’assicurato.
Per tutti questi motivi la Cassazione ha accolto il ricorso presentato dal professionista e cassato la sentenza impugnata con rinvio.

La redazione giuridica

 
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