La Cassazione con una recente sentenza ha fornito dei chiarimenti in merito al controllo della pec nell’ambito del processo civile telematico

Con la sentenza numero 20947/2018 di Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti importanti in merito al controllo della pec per quel che riguarda il processo civile telematico.

Come noto, infatti, la pec che contiene le comunicazioni di cancelleria è in tutto e per tutto paragonabile ai plichi contenenti gli atti giudiziari che arrivano a mezzo posta o sono recapitati dall’ufficiale giudiziario.

Questo significa che i controllo della pec nel processo civile telematico riveste un ruolo cruciale. Negli uffici giudiziari, infatti, la posta elettronica certificata ha ormai sostituito quasi completamente i vecchi mezzi di comunicazione.

Circostanza, questa, che impone di prestare adeguata attenzione ai messaggi inviati con tale strumento.

La vicenda

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso in quanto tardivo, proprio per l’inadeguata considerazione prestata dall’avvocato del ricorrente al controllo della pec. In essa, era presente infatti la comunicazione di cancelleria contenente copia della sentenza poi impugnata e idonea a far decorrere il termine breve per impugnare.

Per la Corte di cassazione, infatti, le parti hanno sempre l’onere del controllo della pec.

È obbligatorio aprire le comunicazioni di cancelleria ricevute sul loro indirizzo di posta elettronica certificata ed esaminarne il contenuto.

Ciò in quanto si tratta di uno strumento in tutto e per tutto paragonabile ai plichi contenenti gli atti giudiziari che arrivano in studio a mezzo posta o che sono recapitati dall’ufficiale giudiziario.

In quei casi, non si ipotizza siano invalidi o inefficaci a meno che su di essi non risulti una specifica annotazione sulla natura dell’atto che contengono.

Nel caso di specie, la parte aveva tentato di far valere la tempestività della propria impugnazione.

E questo, sebbene fosse stata proposta oltre il termine breve determinato dalla notifica della sentenza via p.e.c. e da tale momento decorrente.

Il ricorrente infatti sosteneva che il messaggio di posta elettronica certificata fosse carente di qualsiasi esplicito riferimento dalla natura dell’atto inviato e alla finalità cui la comunicazione stessa sarebbe stata preordinata.

La Corte ha ritenuto più che sufficiente la circostanza che la ricevuta telematica dell’avvenuta notifica riportasse nell’oggetto la dicitura: “deposito sentenza – pubblicazione”.

Non è tutto.

Nella descrizione dell’atto vi era l’indicazione: “depositata (pubblicata) sentenza n. 44/2016 (esito Riforma totale)”. Un dato, questo, che testimonia come il destinatario fosse perfettamente in grado di comprendere  la finalità della notifica. Così come le relative conseguenze.

Alla luce di quanto enunciato, il ricorso in Cassazione notificato oltre il termine di trenta giorni dalla notificazione della sentenza di appello all’impugnante risulta inammissibile.

Hai avuto un problema simile? Scrivi per una consulenza gratuita a redazione@responsabilecivile.it o scrivi un sms, anche vocale, al numero WhatsApp 3927945623

 

Leggi anche:

NOTIFICHE AL CNF: SONO AMMESSE COL DOMICILIO DIGITALE?

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui