Regioni e comuni si sono espressi in merito al pagamento del coperto al ristorante, consuetudine mai normata, eppure adottata ovunque

Quante volte ci siamo chiesti se fosse legittimo pagare il coperto al ristorante? Eppure, questa prassi adottata da quasi ogni ristoratore, non è mai stata normativizzata. Nella Regione Lazio, però, è intervenuta la legge regionale n. 21 del 29 novembre 2006, che all’articolo 16, comma 3 la quale ha precisato che “Qualora il servizio di somministrazione sia effettuato al tavolo, la tabella o il listino dei prezzi deve essere posto a disposizione dei clienti prima dell’ordinazione e deve indicare l’eventuale componente del servizio con modalità tali da rendere il prezzo chiaramente e facilmente comprensibile al pubblico. È inoltre fatto divieto di applicare costi aggiuntivi per il coperto“.
La spesa del coperto al ristorante si riferisce all’apparecchiatura della tavola e agli oggetti predisposti per il singolo commensale quali, ad esempio, posate, stoviglie, bicchieri, tovaglia, tovagliolo e altro. Quest’usanza, però, è da molti considerata obsoleta e risale addirittura al Medioevo, quando molti avventori approfittavano delle locande per sedersi a consumare il proprio cibo e non quello dell’osteria. Da questa consuetudine nacque l’idea del coperto al ristorante che, però, negli anni ha comunque subito una sua evoluzione.
L’uso di far pagare il coperto al ristorante rappresenta oggi un costo diverso rispetto a quello relativo al servizio, che è un’altra voce (di norma variabile dal 15% al 20% del totale) che origina dalla prassi di pagare il personale a percentuale in base alle ordinazioni dei clienti.
Da queste circostanza è nata la necessità di discutere sulla legittimità del pagamento del coperto al ristorante, consuetudine peraltro assente in molti altri paesi all’estero, persino nella stessa Europa.
In assenza di una norma specifica, però, il pagamento del coperto al ristorante non è vietato espressamente. Ne consegue che il ristoratore sia libero di stabilire i prezzi della propria attività, poiché il coperto include anche una serie di servizi non quantificati nel conto, come la professionalità del personale o la qualità del servizio stesso.
Per la legge italiana però, l’art. 18 regio decreto n. 635/1940 impone ai pubblici esercenti di esporre nel locale dell’esercizio, in luogo ben visibile al pubblico, la licenza, l’autorizzazione e la tariffa dei prezzi. Questo avviene quasi sempre, eppure la voce relativa al costo del coperto raramente viene menzionata, sebbene debba essere specificamente indicata nel listino prezzi.
Ma cosa dicono le regioni a tal proposito? Oltre al Lazio che, come detto, si è espresso con una specifica legge regionale, la questione ha interessato molte altre realtà locali, in particolare regionali e comunali, che hanno ritenuto doversi dotare di un’apposita disciplina in materia. A Roma, ad esempio, una specifica ordinanza del sindaco del1995 vietava di imporre la voce relativa al coperto, mentre consentiva quelle relative al “pane” e al “servizio”.
Sulla scia del Lazio, anche in altre regioni è stata avanzata la proposta di abolire il coperto, portata avanti da alcune associazioni e gruppi di esercenti commerciali aderenti all’iniziativa.
Nonostante questo, però, sono ancora moltissimi gli esercenti che non rispettano le regole.
Si rende dunque necessaria una normativa nazionale che renda esplicito il divieto di far pagare il coperto, prevedendo sanzioni a carico dei ristoratori irrispettosi.
E, in attesa di una normativa nazionale, come comportarsi? Fino ad allora e salvo normative locali sul punto, nulla si potrà obiettare circa la presenza del coperto nel menù, eccetto il caso in siano presenti eventuali illeciti che andranno segnalati alle autorità.
 
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