Coronarografia e decesso del paziente affetto da cardiopatia (Cassazione Civile, sez. III, dep. 14/04/2022, n.9116).
Coronarografia e decesso del paziente: affermata la responsabilità delle 2 Strutture sanitarie.
La ASL ricorre in Cassazione impugnando la decisione della Corte d’Appello esponendo che gli eredi del paziente deceduto convenivano in giudizio il primario della divisione di medicina interna dell’Ospedale pugliese, l’Ospedale abruzzese e il direttore del dipartimento di cardiochirurgia presso questo secondo ente, per ottenere il risarcimento dei danni conseguenti al decesso durante l’esecuzione di coronarografia.
Il paziente, affetto da cardiopatia, veniva ricoverato dapprima presso l’Ospedale pugliese dov’era stato sottoposto a test ergometrico interrotto per tachicardia ventricolare, e successivamente presso l’Ospedale abruzzese dove si registrava il decesso durante l’esecuzione di coronarografia.
Il Tribunale, accoglieva la domanda affermando la responsabilità dei sanitari sia dell’Ospedale pugliese che di quello abruzzese.
L’Ospedale pugliese deduce, per quanto qui di interesse, che la Corte di appello avrebbe errato non esaminando le ragioni di merito, fondate sulla mancanza di prova del nesso causale quale emergente dalla relazione tecnica di parte, in cui emerge che la gravità delle preesistenze da cui era affetto il paziente era tale da rendere impossibile stabilire se lo stesso si sarebbe potuto salvare dopo l’intervento di rivascolarizzazione senza la condotta imprudente dei sanitari, in specie, quanto a quelli che decisero di sottoporre il paziente, in quelle condizioni, al test da sforzo e, successivamente, alla coronarografia esitata nel decesso durante l’esecuzione dell’esame.
La Suprema Corte osserva che “la responsabilità della struttura che si avvalga di terzi per adempiere alla propria obbligazione di prestazione del servizio, è autonoma da quella del medico di cui la prima si sia avvalsa, pur rispondendo entrambi solidalmente posto che l’art. 2055 c.c., comma 1, richiede solo che il fatto dannoso sia imputabile a più persone, ancorché le condotte lesive siano fra loro autonome e pure se diversi siano i titoli di responsabilità di ciascuna di tali persone e anche nel caso in cui siano configurabili titoli di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, atteso che l’unicità del fatto dannoso considerata dalla norma dev’essere riferita unicamente al danneggiato”.
Ciò posto, anche quando la domanda risarcitoria sia stata fondata sull’erroneo operato del medico, e non sui profili prettamente strutturali e organizzativi della struttura sanitaria, la transazione tra medico e danneggiato non impedisce l’esercizio dell’azione per l’accertamento della responsabilità della struttura ospedaliera, che non ha natura di responsabilità per fatto altrui, bensì per fatto proprio e, pertanto, non viene meno in conseguenza della liberazione del medico dalla propria obbligazione risarcitoria – ma comporta unicamente che, nel compiere detto accertamento, il giudice debba indagare incidentalmente sull’esistenza di un’eventuale condotta colposa del sanitario.
Conseguentemente, pertanto, qualunque sia la prospettazione della responsabilità medica, se incentrata sulla condotta del sanitario di cui si sia avvalso l’ente, ovvero su profili più strettamente organizzativi riferibili a quest’ultimo, lo stesso risponde per obbligazione propria e, quindi, il merito della sua impugnazione, nell’ipotesi incidentale, non può essere, logicamente prim’ancora che giuridicamente, assorbito dalla rinuncia al gravame effettuata, anche con accettazione di altre parti processuali, ad opera del medico.
La Corte accoglie i primi due motivi, assorbito il terzo, cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello in diversa composizione.
Avv. Emanuela Foligno
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