Nel corso della sua maturazione giovanile, la sig.ra A. F. aveva spontaneamente sviluppato un quadro di importante macromastia (vedi F1), condizione che risultava ulteriormente aggravata dopo il parto del marzo 2012 ed il successivo allattamento protrattosi fino ad dicembre dello stesso anno.
La periziata, spinta da un grave risentimento algofunzionale a carico della colonna cervicodorsale, da una fastidiosa dermopatia del solco sottomammario e dalla difficoltà materiale di reperire in commercio un abbigliamento adeguato alla taglia del suo seno, decideva di rivolgersi a medico senologo. Questi, a seguito di visita clinica, proponeva un intervento correttivo di mastoplastica riduttiva, anticipando alla paziente che la riduzione sarebbe consistita nell’asportazione di circa 0,5 kg di tessuto per ciascuna mammella, il che avrebbe portato ad un seno di grandezza corrispondente ad una taglia III/IV.
L’intervento fu eseguito in data 18.11.2013 e la paziente fu dimessa al domicilio tre giorni più tardi (22.11.2013). L’esame della cartella clinica permette di evidenziare che venne eseguito un intervento di mastoplastica riduttiva con tecnica del “peduncolo mediale” e con ampia resezione di tessuto (1400 gr. a sn e  1450 gr. a dx); l’esame istologico mostrava aspetti di mastopatia fibroadenomatoide, adenosi e lipomatosi.
F1. Prima dell’intervento di mastoriduzione
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LO STATO ATTUALE
“Ictu oculi” è apprezzabile un’evidente incongruenza anatomica fra il volume del seno ed il soma generale della periziata, specie in relazione all’immediato contorno toracico; in particolare esiste un deficit di proiezione che riduce l’effetto conico delle mammelle, conferendo loro una forma appiattita e quindi sicuramente meno femminile. Alla misurazione risultano i seguenti parametri: circonferenza toracica (linea inframammaria) = 87cm; distanza orizzontale fra i capezzoli = 19cm; distanza fra giugulo e capezzoli = dx 11,5cm e sn 10cm. Le areole appaiono irregolari con diametri rispettivamente di 5×3,5cm a dx e 4×3,5cm a sn. Tali dati permettono di confermare la presenza di una moderata asimmetria nel posizionamento dei due complessi capezzolo-areolari (vedi F2 e F3), che peraltro non rispettano la normale geometria circolare. Il contorno areolare è rappresentato da un esito cicatriziale che continua caudalmente con un segmento verticale che decorre fino al solco inframammario (7cm); da qui, a decorrere da una posizione iuxta-ensiforme e fino all’ascellare media, descrive un decorso a forma di “J” che risulta esteso per 23cm. Lo spessore di tale cicatrice varia, ma raggiunge, in molte sezioni, anche i 2cm; il colorito è ipercromico e tendente al rosso.  Alla confluenza fra le cicatrici inframammarie e la regione ascellare si apprezza un eccesso di tessuto sottocutaneo che compromette l’estetica e la regolarità della cornice toraco-mammaria.
F2. Dopo intervento di Mastoriduzione
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F3. Dopo intervento di Mastoriduzione
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NOSTRE CONSIDERAZIONI MEDICO-LEGALI:

La sig.ra A. F. a seguito dell’intervento di mastoplastica riduttiva bilaterale, effettuato per correggere una macromastia marcata, eseguito in data 18.11.2013 ha subito un danno anatomico (eccessiva riduzione delle mammelle con grave alterazione della forma dei seni), un danno estetico (forte asimmetria tra tronco e dimensione-proiezione mammaria, cicatrici inframammarie estese fino quasi all’apofisi ensiforme, lipoaccumulo residuo su entrambe le regioni toraco-ascellari), danno psicologico (condizionamento emotivo particolarmente marcato per la presenza degli inestetismi residuati a carico della regione toracomammaria, intima frustrazione con perdita del senso d’identità femminile e di autostima).

Il tutto riconducibile al comportamento imperito e negligente del Chirurgo Plastico che operò la perizianda.

 Infatti:

 L’intervento chirurgico di mastoplastica riduttiva ha lo scopo di riportare ad una dimensione adeguata le mammelle che, per problematiche costituzionali, ormonali o diverse, abbiano raggiunto una dimensione ed un peso tali da creare problematiche posturali, algofunzionali e psico-sociali alla loro portatrice.

Si tratta di un intervento che, oltre alla resezione della componente tessutale ritenuta esuberante, ha il compito di rimodellare la porzione residua e, pressoché costantemente, di sollevare il complesso areola-capezzolo per riposizionarlo nella sua sede più naturale. Ove possibile si cerca di preservare l’innervazione (sensibilità ed erezione del capezzolo) e la sua continuità con l’apparato secretore per conservare la capacità di allattare; per fare ciò si prepara un lembo di tessuto, ben irrorato ed innervato, che possa garantire la sopravvivenza e la funzionalità di quest’organo tanto prezioso.

In merito all’ origine del lembo e quindi alla scelta della fonte d’irrorazione e d’innervazione dello stesso, esistono diverse alternative chirurgiche che, al di là dei vari tracciati d’incisione, realmente contraddistinguono, e quindi differenziano, le varie tecniche di mastoplastica riduttiva.

Inutile sottolineare che, quanto più grande si presenta il seno da ridurre, tanto più difficile è il compito di garantire vita e funzionalità del complesso areola-capezzolo, tanto che, nei casi più “disperati”, ove non sussistano condizioni per l’allestimento di un lembo vitale, si ricorre all’autoinnesto. Tale tecnica consiste nell’asportazione del complesso capezzolo-areolare dal suo letto dermico e nel reinnestato nella sede più adeguata; questo permetterà la sopravvivenza della struttura anatomica del complesso areola-capezzolo che però rimarrà privo della sensibilità e della capacità di allattamento. Anche le restanti componenti della mammella, cioè i pilastri laterali ed un eventuale supporto basale, subiscono importanti rimaneggiamenti, infatti, per essere mobilizzati al fine di costituire un seno ridotto e sollevato, necessariamente vanno liberati da quelle adesioni che ne impedirebbero la rotazione e/o lo slittamento. Si tratta ancora una volta di preparare dei lembi e quindi di interrompere connessioni strutturali e neurovascolari, salvando però quelle indispensabili alla sopravvivenza dei lembi tessutali stessi.

E’ abbastanza chiaro a questo punto che il rimodellamento del seno si avvale del senso artistico-anatomico del chirurgo, ma non può prescindere da un’ottima conoscenza dell’architettura nervosa e vascolare dell’organo mammario.

Va infine considerato il disegno delle incisioni cutanee, alle quali, logicamente, seguiranno gli esiti cicatriziali dell’intervento. Anche in questo campo esistono delle alternative per cui, sempre in considerazione del “quantum” da asportare, si potranno progettare piani di incisione con esiti cicatriziali di diverso disegno: circolare (periareolare), verticale (fra l’areola ed il solco mammario), orizzontale (nel solco mammario), ovvero le possibili combinazioni di queste tre varianti.

Nei casi di riduzione importante della mammella, alle cicatrici periareolare e verticale si associa quasi sempre un prolungamento orizzontale nel solco sottomammario, così che, a seconda che questo prolungamento interessi soltanto il polo laterale (ascellare) del seno, ovvero anche quello mediale (sternale), si avranno tracciati rispettivamente detti ad “L”, o a “T invertita” (capovolta). Quando la branca interna (lato sternale) della “T” diviene molto pronunciata, la cicatrice esce dalla porzione di solco coperta dalla mammella e va ad interessare la parte centrale del decolleté. Si tratta di un’evenienza che si cerca sempre di evitare per ovvi motivi di ordine estetico, tanto più che, proprio in quest’area, le cicatrici vanno facilmente incontro ad evoluzioni complicate (diastasi o ipertrofia), che ne peggiorano l’aspetto.

La strategia chirurgica, in questi casi, prevede che l’asportazione cutanea prevalga nel polo laterale (ascellare), sì da ridurre l’entità dell’incisione mediale (sternale) ed ottenere quindi una cicatrice finale ad “L” o comunque una T invertita con branca mediale corta. Esiste addirittura una tecnica, già da tempo divulgata globalmente, che ha visto i suoi principali fautori in illustri chirurghi plastici di fama internazionale (C.Lassus in Francia, M. Lejour in Belgio ed E. Hall-Findlay in Canada) e che ha fatto un largo proselitismo in tutto il mondo, che prevede addirittura un esito privo di cicatrice orizzontale nel solco sottomammario.

Fatta questa necessaria premessa di ordine anatomo-chirurgico, è ora possibile argomentare considerazioni e conclusioni sulla vicenda della sig.ra A..

         Nel caso in esame, è infatti possibile rilevare almeno tre elementi decisamente inestetici, che sicuramente compromettono l’accettabilità della condizione fisica attuale della perizianda:

  1. Mancata proiezione mammaria: direttamente dipendente da un eccesso di resezione tessutale a livello del “core” mammario, ovvero di quella sezione della mammella che, col suo spessore, determina l’altezza e quindi la proiezione del cono mammario. Si tratta di una fenomenologia che non ammette altra possibilità interpretativa e che è suffragata dal valore sicuramente eccezionale della massa mammaria resecata, circa 1450 gr. da entrambi i lati;
  2. Geometria cicatriziale: la geometria del disegno chirurgico pre-operatorio prelude al tracciato cicatriziale finale che esiterà sulla regione toraco-mammaria. Nella mastoplastica riduttiva, specie in caso di importanti riduzioni tessutali (come quello di cui in atto), il chirurgo ha cercato da sempre di ottenere la resezione necessaria con l’esito cicatriziale meno visibile e quindi il meno esteso possibile. Come già detto nella premessa anatomo-clinica, tale accorgimento si rende auspicabile specialmente nella sezione mediale (interna) del solco inframammario, ove la cicatrice rimane facilmente esposta compromettendo inevitabilmente l’estetica del decolleté femminile. E’ evidente che nel caso della sig.ra F. nessun tentativo è stato fatto per preservare l’integrità di questa delicata regione anatomica e tale comportamento, qualora non si dovesse attribuire a pura incompetenza, comunque sarebbe da attribuire a manifesta negligenza da parte dell’operatore;
  3. Consistente residuo tessutale in regione toraco-ascellare: evenienza questa più che conosciuta dai chirurghi della mammella e che quindi poteva facilmente essere evitata con una semplice procedura di liporiduzione preventiva intraoperatoria;

Allo stato attuale la paziente presenta un danno fisionomico solo in parte emendabile e comunque migliorabile solo sottoponendosi ad ulteriori interventi chirurgici e trattamenti estetici. Essi consistono in:

  • Correzione aumentativa della proiezione mammaria ottenibile con l’inserimento di protesi;
  • Autotrapianto adiposo da effettuare in più sedute;
  • Liporiduzione delle regioni toraco-ascellari;
  • Revisione con cicatricectomia per il miglioramento estetico delle cicatrici in atto e per la correzione dell’asimmetria posizionale e morfologica dei due complessi capezzolo-areolari;

L’ausilio di tecniche di medicina estetica come laser, IPL, needling, lipofilling etc., potrebbe ulteriormente migliorare gli esiti cicatriziali che comunque sarebbero ineluttabili.

 LE NOSTRE RICHIESTE

La riduzione della validità psico-fisica della perizianda, in relazione allo stato anteriore, determina un danno biologico permanente, valutato secondo criteriologia Medico Legale di analogia e proporzionalità e con riferimento ai Baréme della R.C.[1], valutabile nella misura del 12% (dodici) comprensivo degli aspetti psicologici così come da relazione allegata specialistica.

La proposta di riparo chirurgico si identifica pertanto nell’intervento di mastoplastica correttiva (con ausilio protesico ovvero con autotrapianto adiposo) associata a cicatricectomia inframammaria correttiva ed a liporiduzione delle regioni sottoascellari.

Il preventivo riparativo indicato prevede:

  • un intervento chirurgico da eseguire in anestesia generale (o periferica in profondo stato di sedazione);
  • due giorni di ricovero;
  • le medicazioni ed i controlli pre- e post- operatori.
  • plurime applicazioni Laser e/o medico-estetiche sugli esiti cicatriziali della sessione chirurgica.

         Per la delicatezza della condizione anatomopatologica presente ed in considerazione del fatto che trattasi di caso secondario, si richiede venga trattato da chirurgo particolarmente esperto della branca specifica.

         Il costo del trattamento, in considerazione delle attuali medie di mercato, può essere preventivato come per le singole voci di seguito indicate:

  1. Test clinico strumentali e videat specialistici di idoneità a subire intervento chirurgico: € 200,00
  2. Onorario per il primo operatore: € 4.000,00
  3. Onorario per l’aiuto chirurgo: € 400,00
  4. Onorario per l’anestesista: € 600,00
  5. Onorario per lo strumentista: € 200,00
  6. Sala operatoria: € 1.600,00
  7. Degenza: € 850,00
  8. Trattamenti fisici e medico-estetici degli esiti cicatriziali: € 2.500,00
  9. Farmaci e materiale di medicazione: € 250,00

(Visite e controlli da parte dell’operatore vengono considerati compresi nella parcella principale).

 Il costo per l’intera procedura risulta pertanto pari a complessivi € 10.600,00 (euro diecimilaseicento/00).

Ove la suddetta procedura dia i migliori esiti attendibili, la correzione del danno attuale descritto potrebbe arrivare al 55-70% con un maggior danno da invalidità Temporanea di 15+15 gg.

 

 CONCLUSIONI MEDICO-LEGALI

 – INVALIDITA’ PERMANENTE: 12% (dodici);

SOFFERENZA PSICO-FISICA: di entità moderata-grave e persistente;

GRAVE DANNO ALLE ATTIVITA’ ESISTENZIALI: legato al ritiro sociale;

GRAVE DANNO AL TESSUTO FAMILIARE: da grave contrazione dell’attività sessuale e sconvolgimento dei rapporti col marito.

DANNO PATRIMONIALE: da danno emergente per le spese che dovrà sostenere quando vorrà effettuare tentativo di ricostruzione dei seni.

                                                                                                                          Prof. Vito Contreas

Dr. Carmelo Galipò

Note:

[1] Ronchi – Genovese: Valutazione del danno biologico, Giuffre Ed. – Tabelle di Legge

Se hai avuto un trattamento chirurgico estetico non adeguato e ritieni di aver subito un danno scrivi a redazione@responsabilecivile.it o telefona al numero 3927945623

 
 

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