Accolto in Cassazione il ricorso di un uomo che si era visto respingere la domanda volta a conseguire la rendita spettante per il danno permanente alla sua capacità lavorativa residuato a seguito di infortunio sul lavoro

La domanda di liquidazione dell’indennizzo in capitale per le menomazioni dell’integrità psico-fisica pari o superiori al 6%, conseguenti a infortunio sul lavoro, deve considerarsi implicita, quale minus, nella domanda di riconoscimento del diritto alla rendita per inabilità causata da menomazioni pari o superiori al 16%. Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 9373/2021 pronunciandosi sul ricorso di un cittadino che si era visto respingere, in sede di merito, la domanda volta a conseguire la rendita spettante per il danno permanente alla sua capacità lavorativa residuato a seguito di infortunio sul lavoro, dichiarando inammissibile la domanda d’indennizzo in capitale, siccome proposta per la prima volta in appello.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente contestava alla Corte territoriale di aver ritenuto l’inammissibilità della domanda concernente la corresponsione dell’indennizzo in capitale sull’erroneo presupposto che fosse stata proposta per la prima volta in appello, laddove già nel ricorso introduttivo del giudizio l’invalidità permanente parziale era stata quantificata in misura pari al 12% e comunque la domanda concernente la corresponsione dell’indennizzo doveva reputarsi inclusa in quella avente ad oggetto la rendita.

I Giudici Ermellini hanno considerato la doglianza fondata, ricordando il principio di diritto secondo cui “si ha un mutamento della domanda, inammissibile in appello, nei soli casi in cui vengano alterati l’oggetto sostanziale dell’azione ed i termini della controversia mediante la prospettazione di nuove circostanze o situazioni giuridiche, che, introducendo nel processo un nuovo tema di indagine e di decisione, pongano in essere una pretesa nuova e diversa per la sua intrinseca essenza da quella fatta valere in primo grado, ciò che non può dirsi allorché tra le domande esista un rapporto di continenza”.

Nel caso in esame risultava peraltro dalla sentenza impugnata che già nel ricorso introduttivo del giudizio l’invalidità permanente parziale era stata quantificata in misura pari al 12%, di talché l’indennizzo in capitale costituiva, a ben vedere, l’unico oggetto della domanda proposta in causa, non essendo configurabile altro beneficio per le invalidità permanenti parziali comprese tra il 6% e il 15%. Da lì la decisione di accogliere il ricorso e cassare la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d’appello, in diversa composizione, per un nuovo esame.

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