La Suprema Corte ha specificato che la prescrizione dei diritti risarcitori si ritiene interrotta con il solo deposito del ricorso, senza bisogno di procedere ad alcuna notificazione di interruzione ad hoc (Tribunale di Lecce, Sentenza n. 2896/2021 del 28/07/2021 RG n. 2120/2018)

I familiari del lavoratore citano a giudizio l’Inail per ottenere la corresponsione della rendita vitalizia a seguito del decesso del congiunto.

In particolare, deducono che il lavoratore sarebbe deceduto lavorando sul Motopeschereccio durante interventi di attività di manutenzione a bordo.

L’Istituto assicuratore eccepisce la insussistenza di un rapporto di lavoro tale da fondare il presupposto assicurativo ed eccepisce, altresì, la prescrizione del diritto.

Il Tribunale, preliminarmente affronta l’eccezione di prescrizione dei diritti risarcitori.

Il termine di prescrizione triennale dell’azione per il riconoscimento delle prestazioni da infortunio sul lavoro e malattie professionali, di cui all’articolo 112 del D.P.R. n . 1124 del 1965, resta sospeso, ex art. 111, comma 2, dello stesso D.P.R., per tutta la durata del procedimento amministrativo di liquidazione delle indennità e fino all’adozione di un provvedimento di accoglimento o di diniego da parte dell’istituto assicuratore.

Conseguentemente, il decorso del termine per la liquidazione previsto dall’art. 111, comma 3, del D.P.R. n. 1124 del 1965, non determina la cessazione della sospensione della prescrizione, ma rimuove la condizione di procedibilità dell’azione giudiziaria, dando facoltà all’assicurato di agire in giudizio.

In altri termini, sia la domanda amministrativa, sia la relativa opposizione, sono atti interruttivi della prescrizione, che riprende a decorrere a partire dalla definizione della proceduta amministrativa.

Inoltre, è stato affermato che anche l’opposizione proposta è autonomamente in grado di determinare la interruzione della prescrizione (in quanto in effetti domanda volta alla richiesta della prestazione) e parimenti, anche alla luce dell’art. 8 L. 533/73 che non tiene conto delle decadenze procedimentali, tale prescrizione riprende a decorrere dalla data di emissione del procedimento definitorio.

Sul punto, la Suprema Corte ha specificato che la prescrizione si ritiene interrotta con il solo deposito del ricorso, senza bisogno di procedere ad alcuna notificazione di interruzione ad hoc.

Calando tali principi al caso concreto, la comunicazione di primo rigetto è del 12.7.14, il ricorso amministrativo è del 24.9.14, la risposta di rigetto dell’opposizione amministrativa è del 27.2.15 e il deposito del ricorso è del 15.2.18, ovverosia nei tre anni dalla conclusione espressa del procedimento di opposizione.

Di talchè, l’eccezione dell’Inail è infondata e il Tribunale sottolinea che sono stati acquisiti in causa i verbali del procedimento penale azionato a seguito della morte del lavoratore, nel quale vi era costituzione di parte civile.

La costituzione è stata revocata a seguito di accordo transattivo, come dedotto dalle parti nelle note di trattazione scritta.

In ogni caso, l’accertamento penale non è dirimente, in quanto la presenza di una fattispecie penalmente rilevante potrebbe avere rilievo solo in caso di rivalsa dell’Ente e non ai fini dell’erogazione invocata in giudizio che prescinde dal coefficiente soggettivo del reato, ma è derivante dal nesso causale tra prestazione lavorativa ed evento.

I verbali acquisiti, e relativi a prove assunte nel giudizio penale, sono elementi che possono essere valutati dal Giudice come prove atipiche.

Ciò posto, l’Inail ha negato la prestazione previdenziale sul presupposto che non vi fosse un rapporto di lavoro da considerarsi di tipo subordinato.

Ma, tale circostanza, è del tutto irrilevante poiché è dirimente la prestazione lavorativa in sé che ha causato l’infortunio e il decesso del lavoratore.

Su tale punto, l’Inail afferma trattarsi di rapporto non rientrante tra quelli coperti da assicurazione in quanto prestazione occasionale, laddove, invece, la natura del rapporto dipende dalle modalità di svolgimento.

E’ vero che il lavoratore deceduto rendeva prestazioni sporadiche, però tali prestazioni erano funzionali alle attività accessorie e operative di cui l’imbarcazione abbisognava.

I testi escussi hanno confermato che l’armatore remunerava il de cujus a volte in denaro, a volte con casse di pesce.

In definitiva, l’unico aspetto dirimente è che la prestazione del lavoratore veniva accettata dal Comandante, e che durante tale esecuzione avveniva il decesso.

Possono, dunque, considerarsi accertati gli elementi identificativi della subordinazione, ovvero: la richiesta di prestazione specifica formulata dal comandante e in favore del natante; l’acquiescenza alla prestazione stessa dopo un iniziale titubanza; la fornitura del coltello proveniente dalla barca ai fini dell’esecuzione della prestazione; la prolungata conoscenza tra le parti; l’effettuazione nel tempo di altri servigi; il fatto che le prestazioni non avvenissero invito domino ma con la tolleranza dello stesso e nello svolgimento di attività essenziali alla attività del natante (scarico cassette di pescato, manutenzione elica) e quindi come tali ontologicamente sotto la direzione del comandante; la remunerazione degli stessi.

Quindi, la relazione tra il lavoratore e il Comandante, non può definirsi di natura occasionale.

Sotto il profilo dell’an debeatur, l’esecuzione della prestazione è avvenuta in violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e ciò è sufficiente a radicare i presupposti per l’erogazione del beneficio invocato dai ricorrenti, a prescindere dalla circostanza del rilievo causale, o meno, dell’attività di saldatura a bordo.

In conclusione, il Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, accoglie il ricorso e condanna l’Inail a erogare la rendita ai superstiti tenuto conto delle modalità di cui all’art. 116 c. 3 DPR 1124/1964, per i decessi avvenuti successivamente al 1.1.2014 e della presenza di due figli minori.

Avv. Emanuela Foligno

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