Respinto il ricorso di un lavoratore che si era visto rigettare la domanda di riconoscimento del diritto al decorso della rendita Inail per malattia professionale

Il termine di complessivi dieci anni dalla data dell’infortunio per l’esercizio del diritto al decorso della rendita INAIL – previsto dall’art. 83, comma ottavo, d.P.R. 30 giugno 1965 n. 1124 per l’ipotesi in cui le condizioni del lavoratore infortunato, guarito senza postumi di invalidità permanente ovvero con postumi che non raggiungono il minimo indennizzabile, si aggravino in conseguenza dell’infortunio in misura da raggiungere l’indennizzabilità – non preclude la proposizione della domanda di costituzione di rendita oltre il decennio dalla data dell’infortunio ove venga rispettato il termine triennale fissato dall’art. 112 dello stesso d.P.R., sempreché il lamentato aggravamento si sia verificato entro il decennio dalla data suddetta, atteso che tale termine segna l’ambito temporale della copertura assicurativa per il principio della stabilizzazione dei postumi che, se successivi al termine stesso, perdono, in base alla presunzione assoluta posta dal citato ottavo comma dell’art. 83, la possibilità di collegarsi con l’infortunio sul lavoro, per cui l’avvenuto decorso del termine decennale impedisce, sul piano sostanziale, la stessa insorgenza del diritto alla rendita.

Lo ha chiarito la Cassazione con l’ordinanza n. 24025/2021 pronunciandosi sul ricorso di un lavoratore che si era visto rigettare la domanda di riconoscimento del diritto a rendita per malattia professionale (già riconosciuta invece in primo grado nella misura di invalidità dell’11%). In particolare, sulla base di c.t.u. in appello, la corte territoriale aveva rilevato che la soglia di indennizzabilità si era perfezionata oltre il termine ex articolo 83 co. 8 t.u.i.l.m.p., con conseguente estinzione del diritto a rendita.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente deduceva -ex art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.- violazione degli articoli 115 e 116 c.p.c. e 83 t.u.i.l.m.p. nonché vizio di motivazione, per non avere il c.t.u. basato la valutazione su dato strumentale (spirometria) che solo poteva giustificare la diversa decorrenza e per avere applicato l’articolo 83 sebbene la rendita non fosse stata costituita.

Gli Ermellini hanno, tuttavia ritenuto infondata la doglianza proposta.

Il Ctu aveva infatti concluso che il grado di inabilità permanente ascrivibile alla tecnopatia era dell’8% fino al 2010 e dell’11% dal gennaio 2011, oltre il termine ex 83 co. 8 t.u.i.l.m.p. e la sentenza impugnata aveva avallato tali conclusioni.

La Cassazione ha poi sottolineato che, nel giudizio in materia d’invalidità il vizio, denunciabile in sede di legittimità, della sentenza che abbia prestato adesione alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, è ravvisabile in caso di palese devianza dalle nozioni correnti della scienza medica, la cui fonte va indicata, o nell’omissione degli accertamenti strumentali dai quali, secondo le predette nozioni, non può prescindersi per la formulazione di una corretta diagnosi, mentre al di fuori di tale ambito la censura costituisce mero dissenso diagnostico che si traduce in un’inammissibile critica del convincimento del giudice, e ciò anche con riguardo alla data di decorrenza della richiesta prestazione.

Nel caso in esame, il dato strumentale invocato dal ricorrente – non essendo stato effettuato il relativo esame in passato – non era disponibile, ma ciò non escludeva che la valutazione medica poteva basarsi sul altri elementi idonei a giustificare la diversa decorrenza della patologia e l’eventuale stato invalidante ad essa connesso.

La redazione giuridica

Ritieni di avere i requisiti sanitari per avere diritto a una pensione, assegno di invalidità o indennità di accompagnamento e il verbale dell’Inps te li ha negati? Clicca qui

Leggi anche:

Ernie e protrusioni discali lombo sacrali da malattia professionale

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui