Respinto il ricorso di un dipendente che chiedeva il risarcimento del danno biologico, esistenziale, morale, alla capacità lavorativa specifica e da demansionamento in relazione alla dequalificazione asseritamente subita, negato dai Giudici del merito

Si era visto rigettare, in sede di merito, la domanda proposta nei confronti dell’azienda presso cui prestava servizio avente ad oggetto la condanna, previo accertamento della dequalificazione asseritamente subita nel periodo dal marzo 2000 al 31 dicembre 2007, alla reintegrazione nelle pregresse mansioni di responsabile dell’innovazione tecnologica o in mansioni equivalenti nonché al risarcimento del danno biologico, esistenziale, morale, alla capacità lavorativa specifica e da demansionamento oltre al rimborso delle spese mediche.

La Corte territoriale aveva ritenuto infondato il gravame proposto dal lavoratore non essendo ravvisabile a carico del primo giudice la violazione del principio dell’onere della prova, incombendo al lavoratore la prova della ricorrenza di fatti riconducibili alla denunciata dequalificazione.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte, il ricorrente si doleva di come il giudizio espresso dalla Corte territoriale si fosse fondato su elementi istruttori illegittimamente acquisiti ed inidonei a sostenere la prova dell’inconfigurabilità nella specie di fatti riconducibili alla lamentata dequalificazione professionale.

Gli Ermellini, con l’ordinanza n. 29197/2021 hanno ritenuto inammissibili le argomentazioni proposte.

La Corte territoriale, infatti, era plausibilmente giunta ad escludere la denunciata dequalificazione professionale con riguardo all’asserito ruolo di responsabile dell’innovazione tecnologica in relazione a quanto riferito dai testi, in contrasto con il radicale svuotamento di mansioni affermato dal ricorrente, in ordine alle attività dal medesimo svolte ed a maggior ragione sulla non contestata offerta di una progressione di carriera dal ricorrente rifiutata.

La redazione giuridica

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