Uno studio Censis analizza come la vita in città – soprattutto dei romani – influisca sul decorso del diabete

Vivere in città, soprattutto in una capitale come Roma, influisce sul diabete? La risposta, per il Censis è affermativa e sotto diversi punti di vista.

Lo studio del Censis, condotto all’interno del programma internazionale Cities Changing Diabetes, ha analizzato gli aspetti culturali e sociali, per studiare la diversa vulnerabilità al diabete dei cittadini romani.

Roma è la metropoli con il maggior numero assoluto di persone con diabete nel nostro Paese, ben 286.500 persone, con una prevalenza che va dal 5,9 per cento al 7,3 per cento della popolazione a seconda del distretto sanitario di residenza.

La tribù romana

Lo studio realizzato in collaborazione con Sid – Società Italiana di Diabetologia e Ams – Associazione Medici Diabetologi ha analizzato ha preso in considerazione diversi aspetti sociali, come il reddito e il luogo di residenza e diversi determinanti culturali, come le tradizioni e l’istruzione.

L’analisi qualitativa condotta dal Censis individua quattro “tribù” di persone (“Salutisti da contesto”, “anziani medicalizzati”, “cittadini fatalisti”, “giovani preoccupati ma indisciplinati”) con diabete tipo 2, che percepiscono e vivono la malattia in maniera diversa nell’area metropolitana di Roma.

I salutisti da contesto vivono in prevalenza fuori Roma e sono accomunati dall’attenzione per uno stile di vita sanoche essi stessi collegano alle caratteristiche del luogo di vita.

Vivono fuori città anche gli anziani medicalizzati che, a differenza dei precedenti, non hanno un diabete ben controllato.

Gli altri due gruppi vivono in prevalenza a Roma città; “i cittadini fatalisti”, denominati così perché convinti che avere il diabete non dipenda da loro e non credono che adottare uno stile di vita sano possa fare la differenza e “i giovani preoccupati ma indisciplinati”, caratterizzati dalla giovane età e dal fatto di dichiararsi preoccupati e condizionati dalla malattia.

Centro di diabetologia

La frequenza di visita la Centro di diabetologia varia molto nelle quattro categorie. I meno assidui sono gli anziani tanto che il 41,7 per cento vi si reca una volta l’anno o meno. Mentre oltre il 70 per cento de “i cittadini fatalisti” si reca al Centro di diabetologia una volta ogni 3-6 mesi e oltre il 62 per cento de “i giovani preoccupati ma indisciplinati” ogni 3 mesi.

“Le caratteristiche dei gruppi emerse dallo studio mettono in luce la rilevanza delle dimensioni sociali e culturali e il modo in cui esse influenzano il vissuto di malattia e l’esperienza del diabetedei pazienti che vivono nei vari territori dell’area metropolitana di Roma”, afferma Ketty Vaccaro, responsabile Area Salute e welfare Fondazione Censis e coordinatore di Roma Cities Changing Diabetes.

“Insieme ai fattori sociali e psicologici, sono emersi ostacoli alla prevenzione, al benesseree al controllo della malattialegati alla dimensione urbana e al contesto di vita, che hanno bisogno di essere necessariamente affrontati con politiche multidimensionali e non solo sanitarie”.

Città a misura di diabete

Erik Vilstrup Lorenzen, Ambasciatore di Danimarca a margine della presentazione dei risultati spiega: “Il compito è chiaro: per combattere il diabete è necessario aumentare l’attenzione sulla salute e sullo sviluppo urbano in modo da creare ‘città vivibili’. In breve, dobbiamo creare un ambiente urbano che promuova la salutecome una parte fondamentale dell’infrastruttura e delle funzioni delle città”.

Roberto Pella, co-Presidente dell’Intergruppo Parlamentare sulla qualità della vita nelle città aggiunge “Dobbiamo essere in prima linea nello studio di queste dinamiche correlate alla salute e per questo è necessario che nella discussione di questi giorni alla Camera sulla Manovra, così come in quella dei prossimi mesi a Bruxelles durante la definizione del Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 dell’UE, la salute pubblica, intesa come bene comune da promuovere nelle nostre città, trovi uno spazio adeguato di dibattito e un percorso coerente e concreto di sviluppo”.

 

Barbara Zampini

 

 

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