Differenza tra reddito e retribuzione nella riliquidazione della rendita da infortunio

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L’INAIL sottolinea la differenza tra reddito e retribuzione nel senso che il concetto di retribuzione non può essere inteso nella più generica nozione di reddito e la Corte di Cassazione gli dà ragione. La “retribuzione” è legata al rapporto di lavoro e intesa non come reddito, ma come retribuzione oggetto della prestazione datoriale (Corte di Cassazione, IV – Lavoro civile, 25 novembre 2024, n. 30271).

Il caso

La Corte d’appello di Napoli conferma la pronuncia di primo grado che aveva accolto la domanda alla riliquidazione della rendita ai superstiti in seguito al decesso patito dal coniuge.

La Corte partenopea ritiene corretto applicare l’art. 116, co. 1 D.P.R. n. 1124/65, in quanto, nei dodici mesi antecedenti il decesso, la retribuzione del lavoratore deceduto era desumibile dal CUD, sebbene si trattasse non di retribuzione ma di pensione, con esclusione quindi del richiamo all’art. 116, co. 3 D.P.R. n. 1124/65.

L’INAIL ricorre lamentando l’applicazione dell’art. 116 sopra menzionato, nonostante non vi fosse retribuzione nei dodici mesi antecedenti il decesso ma solo percezione di pensione, e non potendo il concetto di retribuzione essere inteso nella più generica nozione di reddito.

La censura è corretta.

Innanzitutto, non si applica al caso il novellato testo dell’art. 85, co. 1 D.P.R. n. 1124/65 relativamente alla liquidazione della rendita ai superstiti di lavoratore deceduto dopo il 1° gennaio 2014, poiché il decesso si verificò vario tempo prima. Escluso quindi il richiamo al massimale, la rendita si parametra in percentuale alla retribuzione percepita, secondo l’art. 116, co. 1.

Ora, la Corte di Napoli ha applicato l’art. 116, comma primo, D.P.R. n. 1124/65 al caso in cui il defunto percepiva una pensione nei 12 mesi antecedenti la morte e ha preso a criterio di riferimento l’ammontare della pensione. Così facendo, la Corte ha inteso che il termine “retribuzione” enunciato dalla norma possa essere assunto più in generale come reddito e quindi anche come reddito derivante da pensione.

La differenza tra reddito e retribuzione

L’art. 116, co. 1, stabilisce: “Per la liquidazione delle rendite per inabilità permanente e delle rendite ai superstiti, quando non ricorra l’applicazione dell’art. 118, è assunta quale retribuzione annua la retribuzione effettiva che è stata corrisposta all’infortunato sia in danaro, sia in natura durante i dodici mesi trascorsi prima dell’infortunio.”. La norma, quindi, ha riguardo ai 12 mesi antecedenti non alla morte, ma all’infortunio (o malattia), anche nel caso di infortunio cui sia seguita la morte. Ciò che rileva è l’infortunio sul lavoro – cui può essere seguito il decesso o meno – e il legislatore prende in considerazione la retribuzione percepita dal lavoratore nel periodo annuale antecedente.

La “retribuzione” è dunque necessariamente legata al rapporto di lavoro e intesa non come reddito, ma come retribuzione oggetto della prestazione datoriale. In questo senso depone lo stesso art. 116, co. 1, D.P.R. n. 1124/65 quando parla di retribuzione corrisposta in danaro o in natura; depone, ancora, l’art. 116, co. 2, quando parla di prestazioni svolte presso più datori di lavoro. Entrambe le norme suppongono un effettivo rapporto di lavoro in seno al quale sia occorso l’infortunio.

Sfugge dalla logica l’idea fatta propria dalla Corte d’appello che prescinde dal rapporto di lavoro e quindi dalla retribuzione, e impernia la tutela sui 12 mesi antecedenti alla morte, astraendo dalla sussistenza di un rapporto di lavoro in quel periodo.

Conclusivamente, in accoglimento della censura, la sentenza viene cassata con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione per i conseguenti accertamenti sull’ammontare della retribuzione percepita nei 12 mesi antecedenti all’infortunio (o malattia: v. art. 135 D.P.R. n. 1124/65) e sulla determinazione dell’indennità dovuta.

Avv. Emanuela Foligno

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