L’imputato era stato condannato a quattro mesi di reclusione per aver artificiosamente fatto risultare all’INPS un rapporto di lavoro in realtà inesistente per ottenere una indennità di disoccupazione non dovuta

Era stato riconosciuto responsabile del delitto di truffa aggravata, con il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche giudicate prevalenti rispetto alla contestata aggravante, per aver posto in essere artifici e raggiri al fine di fare risultare all’INPS un rapporto di lavoro in realtà inesistente, ottenendo in tal modo una indennità di disoccupazione non dovuta.

Il Tribunale lo aveva condannato alla pena di quattro mesi di reclusione e 40 euro di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. Inoltre, aveva concesso all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena subordinandone tuttavia l’efficacia alla restituzione dell’importo indicato nella imputazione, detratta la somma, eventualmente recuperata tramite la confisca disposta ai sensi dell’art. 640quater del codice penale.

Nel ricorrere per cassazione l’imputato lamentava, tra l’altro, violazione di legge con riferimento al disposto di cui all’art. 131 bis del codice penale in tema di esclusione della punibilità del reato per particolare tenuità del fatto, sottolineando che la vicenda in esame atteneva alla presunta acquisizione della somma complessiva di Euro 2.649,60.

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 37892/2019 ha ritenuto il motivo di ricorso inammissibile.

I Giudici di Piazza Cavour hanno in primo luogo confermato la sussistenza della truffa aggravata ai sensi del comma 2 dell’art. 640, comma 2, del codice penale. Tale delitto è infatti connotato dal dolo generico, per cui è sufficiente, ai fini dell’integrazione del reato, la consapevolezza della natura artificiosa della condotta tenuta dall’agente. Quest’ultimo, nel caso in esame aveva sottoscritto la domanda conferendo mandato ad un patronato per la trasmissione della stessa, pur con la cognizione dell’assenza del diritto ad ottenere il beneficio.

Quanto al riconoscimento della particolare tenuità del fatto respinta in secondo grado, la Cassazione ha chiarito che la Corte d’appello aveva correttamente escluso la causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis del codice penale, basandosi sul rilievo secondo cui la condotta di reato ascritta al prevenuto “ha coinvolto interessi dello Stato, per una somma certamente non modica”. Pertanto, oltre al riferimento agli interessi dello Stato, rileva, ai fini della adeguatezza della motivazione, anche l’apprezzamento circa la natura non minimale della somma che era stata indebitamente erogata dall’ente pubblico.

Gli Ermellini hanno inoltre ricordato che, in base alla stessa giurisprudenza di legittimità, ai fini dell’applicabilità della causa di esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131 bis del codice penale “il giudizio sulla tenuità dell’offesa dev’essere effettuato con riferimento ai criteri di cui all’art. 133, comma primo, del codice penale. ma non è necessaria la disamina di tutti gli elementi di valutazione previsti, essendo sufficiente l’indicazione di quelli ritenuti rilevanti”.

La redazione giuridica

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