Non può ritenersi implicita nell’istanza di risarcimento per omessa custodia del cane presentata dalla domestica, l’ulteriore domanda di responsabilità contrattuale del datore di lavoro

La vicenda

La ricorrente riferiva di aver lavorato come domestica nell’abitazione dei coniugi convenuti in giudizio, e di essere stata aggredita dal cane di costoro proprio mentre era intenta a effettuare le pulizie delle finestre di una tavernetta che dava sul giardino.

L’aggressione del cane l’avrebbe spinta a scivolare dalla scala a pioli interna alla taverna, e a farsi male nell’impatto.

La domanda di risarcimento dei danni veniva tuttavia rigettata in primo grado sia nei confronti dei convenuti che della compagnia assicurativa che questi ultimi avevano chiamato in causa.

Secondo il giudice di primo grado, la ricorrente non aveva provato il nesso di causalità; inoltre, aveva indicato una teste le cui dichiarazioni contrastavano con la versione dei fatti da ella stessa indicata.

Il giudice di appello confermava la decisione ribadendo l’insufficiente dimostrazione del nesso di causa e le contraddizioni tra le dichiarazioni del teste e la dinamica dei fatti contenute nell’atto introduttivo del giudizio.

Il giudizio di legittimità

Sulla vicenda si sono infine pronunciati i giudici della Terza Sezione Civile della Cassazione (ordinanza n. 30519/2019) che hanno confermato la decisione impugnata, rigettando in via definitiva la domanda attorea.

Invero, «la ratio della decisione impugnata – hanno affermato gli Ermellini – è nella valutazione delle prove». La Corte di Appello aveva confermato il giudizio di primo grado quanto alla contraddittorietà tra la versione della ricorrente e quella dell’unica teste escussa; ritenendo di non poter trarre alla luce di tale contraddizione alcun elemento significativo dalla mancata risposta all’interrogatorio formale di uno dei convenuti. Aveva inoltre ritenuto che la domanda di responsabilità ai sensi dell’articolo 2087 c.c. fosse tardiva in quanto non espressa in primo grado.

Tra gli altri motivi di ricorso la domestica aveva denunciato l’omessa pronuncia, da parte del Tribunale, in ordine alla domanda di responsabilità del datore di lavoro, formulata in via alternativa a quella di responsabilità ex articolo 2052 c.c., ma pur sempre formulata; e che il giudice dell’appello avesse erroneamente ritenuto tardiva la domanda di responsabilità contrattuale (articolo 2087 c.c.) perché fatta per la prima volta nel giudizio di secondo grado.

La decisione

Ebbene, anche questo motivo non è stato accolto perché infondato. La ricorrente – a giudizio degli Ermellini – non aveva dimostrato di avere espressamente proposto in primo grado una domanda di risarcimento per violazione dell’articolo 2087 c.c., e del resto, nel ricorso, aveva dedotto che una tale domanda dovesse ritenersi implicita per il solo fatto di essersi qualificata lavoratrice per conto dei convenuti.

In realtà non avendo chiesto espressamente il risarcimento per omessa custodia del cane (articolo 2052 c.c.), non poteva ritenersi implicita una domanda di diverso titolo (articolo 2087 c.c.) nella sola circostanza che nella descrizione del fatto si indicava l’esistenza di un rapporto di lavoro, il quale peraltro, era descritto come l’occasione del danno e non già la fonte di esso.

Detto in altri termini, una domanda espressa (alternativa o subordinata) di responsabilità del datore di lavoro invero non era stata mai fatta esplicitamente e non v’era modo dunque di deciderla.

Per tutte queste ragioni il ricorso è stato respinto e confermata la pronuncia di merito.

La redazione giuridica

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