Dovere di sicurezza e infortunio sul lavoro

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Dovere di sicurezza del datore di lavoro e infortunio

Dovere di sicurezza del datore di lavoro (Cassazione civile, sez. III, 03/04/2023, n.9178).

Infortunio sul lavoro e specificazione del dovere di sicurezza del datore di lavoro.

La vicenda trae origine da un infortunio mortale sul lavoro avvenuto in un cantiere ove il defunto si occupava di moduli per la realizzazione di un forno di verniciatura. Tali lavoro erano parzialmente subappaltati alla datrice di lavoro da altra Societò, cui erano stati a loro volta appaltati dalla Fiat.

Il Tribunale rigettava la domanda con pronuncia confermata dalla Corte di Appello. In particolare deducevano i Giudici di merito : – gli attori avevano dedotto in astratto un generale obbligo di vigilanza a carico della committente senza che fosse stata dimostrata quale condotta avesse avuto specifica efficacia eziologica sull’evento mortale, prospettandosi, inoltre, una responsabilità del preposto per la mancata verifica della concreta attuazione del piano di sicurezza e coordinamento (PSC) invece non rinvenibile nella ripartizione legale delle funzioni tra i soggetti coinvolti e delle correlate assunzioni di rischio; – vi era una discrepanza tra il suddetto piano e il piano operativo di sicurezza (POS) predisposto dalla responsabile dell’esecuzione specifica dei lavori, posto che secondo il PSC era necessario che vi fosse idonea impalcatura, o ponteggio, o altra misura che consentisse l’aggancio di funi ovvero cinture di sicurezza, mentre il POS prevedeva solo funi disposte a croce, a modo di protezione, collocate però sul lato opposto a quello d’ingresso utilizzato dal lavoratore deceduto; – al contempo, non era stata dimostrata un’ingerenza della committente e subcommittente tale da comprimere il ruolo autonomo della datrice di lavoro ed escludere la specificità del rischio quale riferibile alle lavorazioni proprie di quest’ultima.

I congiunti del lavorator impugnano in Cassazione la decisione.

Secondo i ricorrenti la Corte d’Appello avrebbe errato mancando di ritenere applicabile e applicare il D.Lgs. n. 494 del 1996, dal quale emergeva la posizione di garanzia della committente in affiancamento a quella degli altri soggetti investiti di obblighi in materia di sicurezza, a cominciare dal datore di lavoro dell’infortunato, in particolare quanto alla vigilanza sull’idoneità e sul rispetto dei piani di sicurezza e pertanto sia del PSC che del POS, dei quali era documentalmente emersa ed evincibile la discrasia; avrebbe anche errato nel non considerare la cooperazione tra le ditte subappaltatrici in ordine alle idonee misure di prevenzione e sicurezza.

Le censure sono fondate.

In sede penale, ma con principî applicabili in sede di distinto scrutinio della responsabilità civile da infortuni sul lavoro, è stato chiarito che a seguito dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 494 del 1996, il dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori.

Ergo, ai fini della configurazione della responsabilità del suddetto, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché all’agevole e immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo.

Ebbene, è stato ritenuto dai Giudici di merito che la caduta dall’alto del lavoratore è stata ritenuta rischio non riconducibile univocamente alla conformazione del cantiere che, pertanto, è stato complessivamente ritenuto riferibile alla stessa subcommittente.

Al di là di qualsivoglia argomentazione sulla specificità del rischio, se correlabile a quella degli specifici lavori assunti come eseguiti in autonomia dalla subappaltatrice, la discrasia dei piani era facilmente evincibile perché documentale, rispetto a una modalità operativa risultata propria del cantiere, sicché non avrebbe potuto aprioristicamente escludersi, sul punto, la posizione di garanzia di committente e appaltatrice.

La Corte di appello avrebbe dovuto verificare se l’omessa richiesta di allineamento dei due piani in funzione della più idonea sicurezza – non riducibile, cioè, a una non meglio spiegata “questione tecnica di dettaglio” sia stata condotta omissiva tale che abbia causalmente contribuito, in chiave probabilistica, all’evento, consistito proprio in una caduta per omesso fermo delle indossate cinture di sicurezza.

Ne deriva l’accoglimento del ricorso.

Avv. Emanuela Foligno

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