Il secondo CTU ha rilevato che il rischio specifico professionale ha avuto un ruolo concausale efficiente e determinante, rispetto ai fattori legati a cause extralavorative, nell’etiopatogenesi della malattia osteoarticolare (Corte d’Appello di Reggio Calabria, Sez. Lavoro, Sentenza n. 351/2020 del 11/08/2021 RG n. 290/2017)

Con l’originario ricorso il lavoratore agiva nei confronti dell’Inail dinanzi al Tribunale di Messina per l’accertamento della malattia osteoarticolare di natura professionale denunciata al 24 aprile 2007 (“spondilodiscoartrosi cervicale e lombare con discopatia C5 -C7 e L5 –S”), e il conseguente diritto alla costituzione e liquidazione della rendita in relazione al grado d’invalidità determinato da tali patologie.

Deduceva il lavoratore di avere lavorato dal 1983 al 2007 in qualità di Carbonaio (fino al 1988) – Ingrassatore (fino al 2002) e Motorista (fino al 2007) a bordo delle Navi Traghetto sulla tratta dello Stretto di Messina, venendo esposto a fonti rumorose, a ripetuti microtraumi causati da vibrazioni, all’assunzione protratta di posture corporali antifisiologiche ed innaturali ed a insulti termici; che l’Istituto concludeva per la compatibilità con la Malattia professionale riconoscendola responsabile di un Danno biologico del 16 %, rigettando la richiesta per la “spondilodiscoartrosi”, per la quale si era pertanto ricorsi alla via giudiziaria.

Il Tribunale dichiarava la propria incompetenza per territorio e la causa era riassunta davanti al Tribunale di Reggio Calabria .

La CTU riteneva la patologia a carico dell’apparato osteoarticolare “non compatibile con la malattia professionale” e il Giudice con sentenza n° 661/2017 rigettava la domanda.

La Corte d’Appello dispone nuova CTU Medico-Legale e prove per testi e ritiene il gravame fondato.

Il CTU nominato ha accertato che l’appellante è affetto da ” Patologia vertebrale con deficit funzionale di lieve entità, senza disturbi trofico -sensitivi e/o motori, con quadro diagnostico -strumentale di discoartrosi C -L di grado moderato. Dagli esami radiografici effettuati nel marzo 2007 (al tempo della domanda amministrati va) e dal riscontro clinico -obiettivo -funzionale in sede di visita peritale, emerge un quadro artrosico in parte compatibile con l’età del periziando, ma senza dubbio influenzato, accelerato e aggravato dall’attività lavorativa dallo stesso svolta; essendo stato per molti anni imbarcato su navi traghetto delle RFI, in servizio sullo Stretto di Messina (quale carbonaio, poi ingrassatore e infine motorista), il lavoratore è stato esposto a svariati fattori rischio capaci di determinare, accelerare e/o aggravare la patologia osteoarticolare denunciata, quali : – microtraumi causati dalle vibrazioni del pavimento conseguente al funzionamento dei motori; assunzione e mantenimento, per tempi variabili, di posture corporali, fisse e/o prolungate, incongrue, innaturali ed antifisiologiche, prevalentemente in spazi angusti (attività di controllo, manutenzione e riparazione motore per interventi ordinari e straordinari durante le corsa); posture instabili dovuti al rollio, al beccheggio della nave in base alle condizioni del mare; movimentazione manuale di carichi (spostamento materiale pesante quali pezzi di motore, taniche e bidoni di oli e nafta; spostamento, ogni 15 giorni circa, per rotolamento, di fusti contenti circa 180 litri di olio), dal ponte binari agli imbarchi della nave e successivo travaso ai depositi di bordo; stress termico, per ripetuti passaggi dall’alta temperatura di ambiente confinato e surriscaldato con elevata umidità della sala macchine ad altri ambienti, con notevoli sbalzi termici (dalla sudorazione alla refrigerazione); varie condizioni climatiche durante le manovre di attracco e partenze…(..)..il rischio specifico professionale ha avuto un ruolo concausale efficiente e determinante, rispetto ai fattori legati a cause extralavorative, nell’etiopatogenesi della malattia osteoarticolare…..(…).. valutato il riscontro clinico -obiettivo di modesta entità emerso dalla visita peritale, nonché il fatto che all’attualità non sono stati documentati altri accertamenti, visite specialistiche e/o cure mediche o fisioterapiche, in uno con l’età del periziando, la patologia osteoarticolare, nell’attuale entità e, presumibilmente, all’epoca della richiesta di Malattia professionale (2007) , ha postumi pari al 2 % secondo le tabelle del danno biologico allegate al DM 12/07/2000.”

Successivamente, su invito della Corte, il CTU chiariva di avere utilizzato per la patologia artrosica il codice 193 delle Tabelle del Danno Biologico di cui al DM 12/07/2000 (patologia vertebrale con deficit funzionale complessivo di lieve entità etc., che prevede una menomazione fino al 25 %), assegnando la minima misura del 2 % proporzionalmente al danno anatomico -funzionale rilevato; di avere applicato il calcolo riduzionistico alla somma delle singole invalidità, pervenendo a una percentuale complessiva di danno Biologico del 17,68 %.

Il Collegio condivide e fa proprio l’elaborato del CTU.

Contrariamente a quanto dedotto dall’Inail anche nelle note conclusive, parte ricorrente ha offerto piena prova, tempestivamente dedotta in giudizio, delle mansioni svolte in concreto, fatti nei quali il Consulente nominato in appello ha accertato l’ esposizione al rischio in ordine anche alla patologia cervico -lombare .

L’omessa indicazione della lesione e del codice di menomazione lamentata nelle critiche all’elaborato dall’Istituto, è stata superata con i chiarimenti resi dal CTU a seguito di ordinanza collegiale, da cui emerge anche l’applicazione della cd. formula riduzionistica o a scalare di Balthazard .

Per questi motivi, in parziale accoglimento dell’appello (avendo l’appellante postumi pari al 12 %), va dichiarata l’eziologia professionale della patologia osteoarticolare che, cumulata alla patologia già riconosciuta dall’Inail, determina una percentuale complessiva di invalidità ai fini della rendita pari al 18 %; sulla differenza è dovuta la maggior somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria sulla differenza dalla data di maturazione e sino all’effettivo soddisfo.

L’Istituto viene condannato, altresì, a rifondere all’attore 1/3 delle spese di lie di entrambi i gradi di giudizio.

Avv. Emanuela Foligno

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