È onere dell’assicurato dimostrare che si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro: negato il rimborso dell’intervento estetico non coperto dalla polizza sanitaria

L’azione dell’assicurato

L’attrice aveva esposto di essersi sottoposta, nel 2012, su prescrizione medica, ad un intervento chirurgico di asportazione cisti periorbitali bilaterali; contestualmente a tale intervento, per il quale veniva emessa una fattura di 4.000,00 euro, la donna effettuava anche un intervento di minilifting facciale che veniva fatturato separatamente per la somma di 4.174,50 euro;

Per la prestazione relativa all’assistenza dell’intervento venivano fatturati 800,00 euro, mentre per la prestazione relativa all’anestesia e per quella relativa alla strumentazione, rispettivamente 2.401,81 ed 600,00 euro.

A della esponente tali ultime due voci di spesa dovevano essere suddivise in egual misura tra l’intervento di asportazione delle cisti e quello di chirurgia estetica considerato che entrambe le operazioni erano state eseguite durante la medesima prestazione medica.

Il giudizio di primo grado

Per queste ragioni la donna aveva chiesto alla compagnia assicurativa il rimborso di Euro 5.500- di cui Euro 4.000,00 per intervento chirurgico di asportazione cisti palpebrali, Euro 300,00 per la strumentazione chirurgica e Euro 1.200,10 per prestazioni dell’anestesia – in virtù della polizza assicurativa stipulata tra le parti con copertura a partire dal 2009.

Ma la compagnia aveva respinto tale richiesta ritenendo le prestazioni, per le quali l’assicurata chiedeva il rimborso, di tipo estetico e, come tali, escluse dalla copertura assicurativa ai sensi dell’art. 1.10 f) del contratto. La convenuta aveva dedotto, in altre parole, la non rimborsabilità delle spese relative alle prestazioni richieste da parte attrice perché eseguite per finalità esclusivamente estetiche e – come tali – escluse dalla copertura assicurativa.

Il Tribunale di Milano (Sesta Sezione, sentenza n. 1554/2019) investito della controversia ha innanzitutto richiamato i principi giurisprudenziali che regolano le controversie in materia di assicurazione contro i danni (ivi compresa l’assicurazione della salute e dell’integrità fisica oggetto del giudizio).

L’onere della prova dell’assicurato

È principio generale che in tema di responsabilità contrattuale, colui che agisce per l’adempimento (ovvero per la risoluzione o per il risarcimento del danno) deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre è al debitore convenuto che incombe di dare la prova del fatto estintivo, costituito dall’avvenuto adempimento, ovvero del fatto impeditivo o modificativo (Cass., Sez Un., 30/10/2001, n. 13533).

Più in particolare, il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, essendo pertanto onere dell’assicurato dimostrare che si è verificato un rischio coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro, analogo onere probatorio incombe sull’assicurato con riferimento agli elementi temporali e spaziali della garanzia (Cass., 8/1/1987, n. 17; Cass., 4/3/1978, n. 1081). In altri termini, poiché nell’assicurazione contro i danni il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato all’indennizzo consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia opera, ai sensi dell’art. 2697 c.c. spetta al danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro o chiede la copertura ai fini della responsabilità civile (v. Cass., 17/5/1997, n. 4426).

Al riguardo, la Corte di Cassazione (ordinanza n. 1558 del 23/01/2018), con riferimento al riparto dell’onere della prova fra assicurato e assicuratore ha precisato che: “Fatto costitutivo della pretesa dell’assicurato, nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo pattuito, è l’avverarsi di un rischio corrispondente a quello descritto nella polizza. L’assicurato, dunque, ha l’onere di dimostrare che si è verificato il fatto avverso previsto nella polizza, che sia derivato dalle cause previste dalla polizza, e che abbia prodotto gli effetti previsti dalla polizza.

La classificazione dei rischi

È noto tuttavia come il rischio previsto nel contratto di assicurazione sia di norma un rischio delimitato, attraverso patti di vario genere che circoscrivono, a seconda delle volontà delle parti e del premio pagato, l’indennizzabilità ai sinistri derivanti da determinate cause, ovvero ai sinistri consistiti in determinati eventi, od ancora ai sinistri che abbiano prodotto determinati effetti. Per effetto dell’inserimento nel contratto di assicurazione di queste clausole di delimitazione del rischio, gli effetti avversi cui l’assicurato è teoricamente esposto possono essere classificati in tre categorie:

• (a) i rischi inclusi;

• (b) i rischi esclusi;

• (c) i rischi non compresi. I rischi inclusi sono quelli per i quali il contratto accorda all’assicurato il pagamento dell’indennizzo. I rischi esclusi sono quelli del tutto estranei al contratto (ad es., il rischio di infortuni rispetto ad una polizza che copra la responsabilità civile). I rischi non compresi sono invece quelli che astrattamente rientrerebbero nella generale previsione contrattuale, ma l’indennizzabilità dei quali è esclusa con un patto espresso di delimitazione del rischio (ad esempio, in un contratto di assicurazione contro i danni da incendio, si esclude l’indennizzabilità degli incendi provocati dal fulmine).

Tale distinzione riverbera effetti sul piano del riparto dell’onere della prova. La circostanza che l’evento dannoso rientri tra i “rischi inclusi” è fatto costitutivo della pretesa, e va provata dall’assicurato. La circostanza che l’evento verificatosi rientri fra i rischi “non compresi” costituisce invece un fatto impeditivo della pretesa attorea, e va provato dall’assicuratore. Tale circostanza infatti non rappresenta un fatto costitutivo della domanda, ma un fatto costitutivo dell’eccezione di non indennizzabilità, e come tale deve essere dimostrato da chi quell’eccezione intenda sollevare.

Facendo applicazione di tali principi al caso in esame il Tribunale di Milano ha ritenuto di non poter accogliere la domanda proposta dalla attrice, essendo risultata fondata l’eccezione di non operatività della polizza sollevata dalla compagnia convenuta, anche alla luce della consulenza tecnica espletata.

La decisione

Sin da subito, la compagnia assicurativa aveva espresso seri dubbi in merito alla reale natura dell’intervento cui si era sottoposta la signora rilevando come dai moduli relativi al consenso informato riguardante gli interventi chirurgici si facesse esclusivo riferimento all’intervento di lifting facciale e di blefaroplastica, senza alcuna menzione di quello relativo all’asportazione delle cisti perioculari.

Il Tribunale ha pertanto, ritenuto accertato chele prestazioni chirurgiche cui si era sottoposta l’attrice non fossero coperte dalla polizza salute in quanto espressamente escluse nelle delimitazioni di garanzia all’art. 1.10 lett. F) che faceva salvi solo “gli interventi di chirurgia plastica ricostruttiva resi necessari da neoplasia o da infortunio purché comprovato da referto della prestazione del pronto soccorso Pubblico”; circostanza quest’ultima che non ricorreva nel caso in esame avendo, peraltro, il C.T.U. affermato che “L’asportazione di cisti cutanee con finalità esclusivamente estetica…viene ad oggi anche esclusa in ambito del Servizio Sanitario Nazionale non rientrando nei LEA (Livelli essenziali di assistenza)”.

La redazione giuridica

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